La luna piena riempie i nostri letti,
camminano i muli a dolci ferri
e i cani rosicchiano gli ossi.
Si sente l’asina nel sottoscala,
i suoi brividi, il suo raschiare.
In un altro sottoscala
Dorme mia madre da sessant’anni.
Rocco Scotellaro
Così era Matera nel 1950 e oggi nel 2017?
Oggi Patrimonio Mondiale dell’Umanità e Capitale Europea della Cultura per il 2019.
Dal Paleolitico inferiore l’uomo abitò Matera. Una storia che ebbe inizio 400.000 anni fa in questa città scavata nella calcarenite, il tufo morbido e friabile.
Matera, in origine Mateola, derivazione linguistica di Mateos dos, “vacuo” per i Greci che la abitarono, impressionati dai torrenti che con il loro scorrere, lentamente, la erodevano.
Il torrente Gravina che in due parti ne divide il cuore. Un cuore che affascina e cattura quanti vi arrivano, perché Matera come una madre ti accoglie.
Sull’orlo di una rupe, a nord-ovest, poggia Sasso Baresano, il fulcro della città vecchia.
A sud, invece, Sasso Caveoso con le case grotta che sembrano scivolare a valle. Bianche di calce, arroccate, una sull’altra, scavate nella roccia viva.
Proprio uno sperone di roccia a separare i due Sassi, la Civita, dove hanno sede la Cattedrale e i Palazzi nobiliari.
Un popolo, in passato, tanto umiliato, vessato e offeso quello materano, i dimenticati da una politica lontana, ma sempre orgoglioso e fiero, come urla al mondo, il motto sullo stemma della città.
BOS LASSUS FIRMIUS FIGIT PEDEM
IL BUE STANCO PUNTA LA ZAMPA PIU’ FERMAMENTE
Romana, greca, gota, longobarda, bizantina, araba, normanna, aragonese, tutto questo fu Matera e oggi, come uno scrigno, custodisce tutti i momenti essenziali dell’arte antica. Dal romano al gotico, dal Rinascimento al primo e tardo Barocco, come anche il Neoclassicismo.
Una Matera che guarda al mondo e una sotterranea che al mondo si è celata per secoli, fino a quando, nel 1991, gli uomini sono tornati a scendere, sotto la piazza Vittorio Veneto, nel Palombaro Lungo.
Una delle più grandi cisterne d’acqua, 16 metri di profondità, 50 metri di larghezza, che solo con la forza delle braccia, sia mai stata realizzata. Un capolavoro di ingegneria idraulica, reso impermeabile dal coccio pesto, intonaco di terracotta, che poteva contenere fino a 5 milioni di litri d’acqua.
Con i secchi che scendevano, giù, attraverso piccoli fori, nella grande camera sotterranea, prelevando l’acqua che forse arrivava da una falda naturale. Ancora oggi il Palombaro lungo, cupo, inghiotte e affascina.
Matera, bella, sofferente profondamente religiosa, una religiosità scarna essenziale, lontana dai fasti, dalle ostentazioni. Tante chiese rupestri, spesso semplici caverne, dove, alla flebile luce delle candele un’umanità semplice e devota si raccoglieva in preghiera, chiedendo, come accade dalla nascita di Cristo, pane, salvezza e liberazione dal male.
Forse la più bella e la più suggestiva è la Cripta del Peccato Originale considerata la “Cappella Sistina” della pittura parietale rupestre. Luogo di culto di una comunità monastica altomedievale che viveva in grotte sul lato opposto della montagna, nella prima metà del IX secolo.
Semplice caverna con tre conche absidali, in cui il muro si fa tela, dove sono rappresentate scene del Vecchio Testamento. Dipinta anche Maria, sontuosamente vestita da Vergine Regina, un cartiglio che ricorda il ruolo salvifico di Dio, la creazione della luce e delle tenebre, scene del Peccato Originale, con il frutto proibito non la mela, ma il fico.
Su un tappeto fiorito galleggiano queste immagini sublimi, dipinte 5000 anni prima di Giotto, da una scuola pittorica sconosciuta anche se da tutti attribuite al “il pittore dei fiori di Matera”. In realtà furono tre le mani a lavorarvi.
La Cripta, per anni abbandonata, mai profanata, ma con rispetto e devozione utilizzata come ricovero degli animali per i pastori del luogo, è giunta oggi fino a noi.
Questa è Matera affascinate regina del sud.
Lascia un commento