Oggi 13 maggio 2106, il Calendario del Cibo Italiano con Alice del Re come ambasciatrice, festeggia il confetto quello che viene definito: “cibo minimo dall’altissimo valore simbolico e rituale”, e che in realtà non è altro che un piccolo dolce di zucchero che contiene all’interno mandorle, nocciole intere o cioccolato.
Si narra che il primo confetto sia nato a Roma a causa di una svista di un aiuto cuoco dal Julius Dragatus, a servizio nella cucina della famiglia Fabi.
Pare che del miele stesse bollendo in un pentolone e che il giovane per errore vi aveva rovesciato dentro delle mandorle, per rimediare alla malefatta le aveva subito recuperate mettendole ad asciugare. Il miele però si era subito indurito e così erano nati i primi confetti.
Il vero confetto nasce nel 1400 quando dalle Indie Occidentali arriva lo zucchero.
Nel periodo rinascimentale coppe colme di confetti venivano offerte agli invitati durante i ricevimenti per festeggiare i voti delle suore e dei sacerdoti.
Quando vengono offerti in occasione del matrimonio, le due metà della mandorla ricoperte da un sottile strato di zucchero vogliono rappresentare la dolce unione tra due cuori che si amano.
Sono sempre cinque perché cinque sono gli auguri che di fanno alla giovane coppia appena formata: felicità, fertilità, salute, ricchezza e lunga vita.
Si dice che lo scrittore Johan Wolfgang Goethe abbia regalato alla sua futura moglie uno scrigno colmo di confetti.
Anche Napoleone li amava, si narra che nel 1806 fece il suo ingresso trionfale a Verdun passando sotto tre Archi di Trionfo realizzati con confetti bianchi.
Scriveva in “Eros” Giovanni Verga:
<<…La marchesa, sempre giovane, ed elegante, la più bella toscana che fosse in Milano, andava a fargli visita una volta all’anno, quando c’erano le corse a Firenze, l’abbracciava, l’accarezzava, gli recava dei confetti, e rimontava in carrozza sorridente. …>>
<<... – Se mi aiuti a portare a casa una di queste brocche d’acqua, ti darò un bel pezzo di pane.
Pinocchio guardò la brocca, e non rispose né si né no.
-E insieme col pane ti darò un bel piatto di cavolfiore condito coll’olio e coll’aceto – soggiunse la buona donna.
Pinocchio dette un’altra occhiata alla brocca, e non rispose né si né no.
-E dopo il cavolfiore ti darò un bel confetto ripieno di rosolio.
Alle seduzioni di quest’ultima ghiottoneria , Pinocchio non seppe più resistere e, fatto un animo risoluto, disse: – Pazienza! Vi porterò la brocca fino a casa! …>>
Così scriveva Carlo Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini, nel suo libro “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”, nel lontano 1883. Impossibile, anche per Pinocchio, resistere alla tentazione di un confetto.
Maria Pascoli,invece, la tanto amata Mariù, sorella del poeta Giovanni, nella sua opera “Lungo la vita di Giovanni Pascoli” ci lascia questo tenero e intimo, io aggiungerei “dolce”, ricordo di famiglia, una “letterina” scritta a Livorno, quando “lottavano con disperato coraggio contro le avversità e le strettezze finanziarie”, il giorno dopo la sua festa , la Concezione, 8 dicembre.
“Cara Mariuccia. Ieri non sono stato contento; nel mio cuore turbato e nel mio borsellino vuoto non potei trovare di farti un sorriso e pagarti un cartoccio di confetti; ed era la tua festa; e fu la mia disperazione, povera Mariuccina.
Ma via promettimi che t’offra oggi i confetti di ieri, e tu fammi ora il sorriso che allora io non ti potei fare.
Non aver ieri quel pochissimo che ti bisogna! Un sorriso e una mano di confetti!
Povera Mariuccina, povero Giovanni.”
Lo scrittore Pietro Citati nel suo libro dedicato a Giacomo Leopardi racconta che il poeta era ghiottissimo di confetti. Il 13 giugno 1837, mentre si trovava a, Napoli ospite dell’amico Ranieri, Paolina gli regalò due cartocci di confetti <<cannellini>>. Il 14 giugno il poeta rimase a letto tutta la mattina continuando a mangiare, a velocità prodigiosa, i suoi confetti. Verso le dieci bevve una cioccolata. Verso le dicisasette si pose a pranzo. Mangiò due o tre cucchiaiate di minestra, poi chiese a Paolina un’abbondante limonata gelata. Dopo averla bevuta improvvisamente si sentì male, e mentre cercavano un medico, spirò.
Citati racconta che Leopardi morì con moltissima grazia, e in tono minore sognando chissà i suoi confetti cannellini.
Gabriella grazie per questo bellissimo contributo! Tra tutte le citazioni, quella di Pascoli mi ha toccato più di tutte, davvero molto umana e sentita…grazie per avermela fatta conoscere. 🙂
Grazie a te Alice.
Gabriella grazie per questo tuo articolo.