
Il 2014, l’anno in cui gli iscritti agli Istituti alberghieri furono quasi 65.000, è solo un ricordo lontano. Affascinati da Carlo Cracco, Massimo Bottura e Antonino Cannavacciuolo, i ragazzi erano desiderosi di divenire i divi del momento.

Ma in Italia tutto passa e va e di conseguenza, oggi, per l’anno scolastico 2021-2022, gli iscritti sono quasi metà. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha pubblicato dati che denunciano che l’indirizzo scolastico che doveva formare i messaggeri del gusto, non è più, il più frequentato.
Bene così! Oserei dire. I nuovi cuochi saranno, come si suol dire, pochi, ma buoni. Quella del cuoco, come tutte le professioni artigianali, richiede conoscenza della tecnica, ma anche passione, amore ed estro. Non si può essere un buon cuoco, ma soprattutto un cuoco felice e sereno, se si è scelto di farlo solo per scimmiottare gli attori di Masterchef.

Il cuoco non è un artista, o lo è solo nel momento della creazione, e solo se decide di proporre una cucina dissonante e di ricerca. Il cuoco è colui che patisce un orario di lavoro spesso massacrante, ripetitivo e stressante. E’ colui che lavora per dare gioia e piacere, ma lo fa rinunciando ai propri momenti di gioia e piacere. E’ colui che lavora gomito a gomito, spesso in cucine piccole e anguste, con colleghi che non definirebbe mai gli amici del cuore e dove la tensione del servizio, concentrata in poche ore, sale, sale, sempre più.
Quindi, passata la moda, lentamente, le cucine dei ristoranti torneranno a essere popolate da giovani veramente appassionati e motivati, più equilibrati e finalmente modesti, e la modestia, si sa, è una virtù.
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