
La cucina professionale può essere donna? Può esserlo, oggi lo è, anche se non così spesso. Se sfogliamo le Guide Michelin ci accorgeremo che, esaminando 28 nazioni su 3300 chef con una Stella ricamata sulla giacca, solo 169 sono donne. Non esiste solo la “Rossa”, direte voi, ma anche scendendo dal podio della ristorazione la situazione non migliora. Sono classifiche redatte da uomini che giudicano altri uomini. A giustificazione, nel corso degli anni si è detto di tutto, anche che la cucina non un mestiere da donna perché troppo faticoso. L’idea che la donna deve stare in cucina, ma solo nella cucina di casa è dura a morire. L’idea che tutto ciò che è cucinato da una donna può essere solo un regalo e non può essere monetizzato, perché è un atto d’amore è dura a morire. Tante sono le pasticciere, della pasticceria si usa dire che sia romantica, allegra e sensuale, come le donne che la creano. Ma non è così, quanti pasticcieri sono romantici, allegri e sensuali? Direi quasi tutti. Chiediamoci invece quante sono le pasticciere ad aver stampato il loro nome in carta. Un nome che attesta che esistono, che lavorano, che sono le autrici di quel dolce che ci fa lasciare il ristorante piacevolmente deliziati, quel dolce che ci fa dimenticare anche un pranzo o una cena “così, così”, o un servizio non proprio all’altezza delle aspettative. Quasi nessuna, perché lo chef uomo è sempre restio a condividere lo scettro della cucina. Spesso le donne sono considerate le mogli di…, le sous chef non dichiarate di… Raramente possono dire con orgoglio e sicurezza di essere al comando di una brigata fatta di soli uomini.

Oggi la cucina professionale materna non esiste più e neppure la “cucina imperfetta” delle mamme, perché ormai tutte le cuoche hanno una formazione tecnica ma, nonostante la preparazione, per loro guadagnare un posto in cucina è sempre una lotta di potere, ma soprattutto una lotta culturale.
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