(La mia ricetta su D laRepubblica)
Nel secolo scorso, a Roma, nel pomeriggio, si passeggiava lungo il Corso. Dalle 16.00 alle 18.00 d’inverno e dalle 17.00 alle 19.00 in primavera. Ma si sa “lo scruscio” fa venire appetito, allora bastava una piccola deviazione per ritrovarsi nella tranquilla via di Ripetta, dove, tra latterie, friggitorie e ferramenta, si respirava ancora l’atmosfera della vecchia Roma. Dopo una “capatina” alla libreria “Al ferro di cavallo” come non fare merenda? Come non concedersi uno sfizio di gola?
Allora, con qualche migliaio delle vecchie lire, si poteva mangiare una pastarella gonfia di crema pasticcera, un pezzo di pizza a taglio con la mozzarella filante o le famose palline fritte di semolino, perché a Roma, si dice, che fritta è buona anche una ciabatta. Morbide, calde, invitanti, ripiene di formaggio, questa è la mia ricetta con la quale cerco di ritrovare, oggi, i sapori di ieri.
Ingredienti:
- latte g 500
- burro g 40
- semolino g 135
- tuorli 2
- uovo 1
- fontina g 100
- noce moscata
- farina 00 4 cucchiai
- pangrattato 8 cucchiai
- sale
- olio di arachide l 1
In una casseruola portate a ebollizione il latte, unite il burro, un pizzico di sale e uno di noce moscata. Versatevi a pioggia, sempre mescolando con il cucchiaio di legno, il semolino. Cuocete per 15 minuti. Togliete la casseruola dal fuoco, incorporate i tuorli d’uovo leggermente sbattuti. Lasciate intiepidire.
Aiutandovi con un tagliauova a filo dividete la fontina a dadini. In un piatto rompete l’uovo, salatelo e sbattetelo con la forchetta. Con le mani leggermente bagnate prendete delle piccole quantità di semolino, dategli la forma di una pallina mettendo al centro un dadino di fontina. Formate tutte le palline. Passatele prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pane grattugiato.
Scaldate l’olio di arachide o di oliva, quando avrà raggiunto i 160°C immergete poche palline per volta e friggetele fino a quando avranno preso un bel colore dorato. Scolatele con un mestolo forato e adagiatele sulla carta assorbente in modo che perdano l’unto in eccesso. Servitele calde.
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