Sono trascorsi molti secoli dal tempo in cui Roma era il centro del mondo, oggi 21 Aprile Dies Romana il Calendario del Cibo Italiano, con Valentina de Felice come ambasciatrice, festeggia la cucina delle origini, la Cucina dell ‘Antica Roma.
La città non nasce sul Colle Palatino come ci hanno insegnato a scuola, ma nel punto dove è oggi l’Isola Tiberina. Non nasce come centro agricolo di pastori e contadini, ma come centro di traffico e di commercio.
Ma come vivevano e cosa mangiavano gli antichi Romani ?
Inizialmente i Romani conducevano una vita sobria, ma con il passare del tempo e con il crescere della loro potenza le loro abitudini cambiarono notevolmente. Si può dire che la vita di un patrizio vissuto all’epoca della I guerra Punica era molto diversa da quella sfarzosa del cittadino al tempo dell’Impero.
Al mattino il ricco proprietario si alzava presto e riceveva il bacio e le adulazioni dei clienti che erano di solito amici interessati, dipendenti e fornitori ai quali faceva distribuire le “sportulae”, un piccolo cesto con denari e vivande.
Dopo aver discusso i suoi affari personali, tra la terza e la quarta ora, consumava una leggera colazione, detta Ientaculum, a base di pane intinto nel vino, miele, olive, formaggio, poi si faceva portare al Foro in lettiga.
Verso mezzogiorno, tra la sesta e la settima ora, consumava il pranzo, il Prantium, a base di poca carne, verdura e frutta, sul luogo di lavoro oppure a casa.
Nel pomeriggio il patrizio si recava allo Stadio e poi alle Terme per fare il bagno e discutere con gli amici.
L’orario della cena era all’ora ottava durante l’inverno, all’ora nona durante l’estate.
Non essendoci la luce elettrica i Romani si alzavano all’alba e andavano a dormire dopo il tramonto del sole, anche perché con il buio le vie della città diventavano molto pericolose.
Solo Nerone e Trimalcione organizzavano banchetti che duravano fino all’alba.
Le grandi feste erano riservate solo alle famiglie patrizie, ai senatori e ai liberti divenuti ricchi, tutti gli altri cittadini conducevano una vita ritirata.
Le dimore patrizie romane erano splendide, affrescate con scene mitologiche e paesaggi agresti, ovunque ghirlande di fiori, fontane dove galleggiavano petali di rose e lucerne a forma di cigno.
Gli schiavi lavavano i piedi degli invitati con acqua profumata e poi li facevano accomodare nella sala da pranzo e sdraiare sui tre letti del triclinio, con il gomito sinistro poggiato su di un cuscino, disposti a ferro di cavallo intorno ad un tavolo rotondo molto basso.
Non esistevano le forchette ma solo i cucchiai e i coltelli, ogni pietanza veniva mangiata con le mani ed era servita tagliata in piccoli pezzi. Gli schiavi versavano da brocche d’argento, sulle dita dei commensali, acqua profumata. Nonostante queste leziosità i Romani non conoscevano il galateo a tavola…
In un angolo della sala un gruppo di musicisti suonava il flauto e la lira e venivano recitati versi in latino e greco.
L’antipasto era detto gustus, uno dei cibi più amati erano le mammelle di scrofa con ricci di mare, forse per il contrasto dei due sapori, accompagnate da mulsum, vino mescolato a miele.
Però poteva accadere che come antipasto fossero servite ostriche oppure carne di ghiro o di fenicottero, ma anche delle vulve di scrofa o lingue di airone al miele, ma anche maiali o cinghiali ripieni di uccelli svolazzanti.
Anche il primo piatto era spettacolare sia per la struttura, a volte alta un metro, che per la sua particolarità, spesso si trattava delle zampe di cammello.
La salsa più amata era il garum preparato con le interiora di pesce, solitamente acciughe e sgombri, lasciata macerare nel sale per molti giorni.
Molto ricercati erano gli asparagi selvatici, la ruchetta era considerata afrodisiaca, il cavolo invece era considerato un alimento medicina.
Tutte le pietanze venivano insaporite con delle spezie: cumino, alloro, coriandolo, si ritiene per coprire il sapore della carne, non sempre freschissima, a causa della mancanza dei frigoriferi.
I Romani amavano la frutta fresca ma anche i fichi secchi, l’uva passa e le castagne arrosto. Il dolcificante più usato era il miele, il dolce preferito la cassata. Ai bambini, si dava il pane raffermo bagnato nel latte poi fritto e spalmato di miele.
La cena dei Romani si concludeva sempre con la commissatio, una gara di brindisi che lasciava tutti ubriachi.
Un’ultima parola sul pane dei Romani, ne sfornavano venti qualità diverse: gallette, focacce, all’olio, con la crusca, per il pastone degli animali, poi il pane delle feste, il panis artolaganus, dall’impasto molto ricco, con canditi, miele, olio, vino e pepe.
- Farina 00 g 400
- Olio di oliva g 70
- Canditi g 100
- Miele g 10
- Tuorlo 1
- Vino rosso 2 cucchiai
- Pepe in grani mezzo cucchiaio
- Sale g 5
- Setacciare insieme la farina e il sale.
- Fare la fontana.
- Aggiungere tutti gli ingredienti e impastare velocemente.
- L’impasto deve essere morbido e non appiccicoso.
- Formare una piccola pagnotta rotonda.
- Inciderla leggermente formando 8 fette.
- Pennellare delicatamente con acqua e cuocere a 200 °C per 40-45 minuti.
Che magnifico contributo a questa giornata del calendario del Cibo Italiano così interessante e ricca di storia e di cose da dire. Bravissima, adoro questa preparazione e le foto a corredo e sono sicura di rifarla al più presto.
Grazie Valentina.
Ma le dosi dell acqua per l impasto?
Margherita per questo pane non è necessaria l’acqua nell’impasto.
A me nn esce niente….rimane un impasto secco che nn si compatta….e ho seguito le dosi
Margherita, non so che dire, dipenderà dalla qualità della farina che lei ha utilizzato. Questa è la ricetta romana, il pane come vede io l’ho fatto e fotografato, non so come aiutarla.
Gabriella mi è piaciuto molto in tuo contributo, una giornata con un antico romano è stata una bella idea per scrivere il post che accompagna questa interessante ricetta, la proverò senz’altro
Grazie Serena, un sapore molto particolare ti stupirà, vedrai, come ha stupito me.
Cara Gabriella grazie per tutte le informazioni che ci fornisci, sei sempre precisa e puntuale in ogni aspetto dell’argomento.
Devo ancora approfondire la cucina degli antichi romani, e anche il pane, cosa che m’interessa particolarmente.
Complimenti, a presto!
Maria Teresa
Grazie Maria Teresa. Sarebbe bellissimo se tu facessi un corso riproducendo il pane dei Romani.
Bellissima ricetta, che non conoscevo, grazie!!!!
Grazie a te.
….scusate ma….mancano le dosi di acqua per impastare….altrimenti nn può venire…..
Non manca l’acqua, pare non sia necessaria. Questa è la ricetta che ricercando ho trovato, pare sia l’originale. Nell’impasto ci sono l’olio, il vino e il tuorlo.