
Pare che nell’Antica Roma le lumache fossero amate da tutti, poveri e ricchi. Erano il cibo di tutti i giorni e quindi ne occorrevano grandi quantità e così venivano allevate in recinti che fungevano da allevamenti. Fulvio Irpino ne gestiva uno in quel di Tarquinia, si racconta che usasse alimentarle con un composto di farina di farro, mosto cotto, miele ed erbe aromatiche, e che usasse tenerle separate a seconda della provenienza. Si potevano acquistare le africane, le dalmate e anche le italiane. Le preferite dalle classi più abbienti erano le vignarole che finivano in pentola per la festa di San Giovanni. Marco Gavio Apicio ha lasciato una ricetta per spurgarle, forse sua o forse no, probabilmente molto più antica. Secondo il gastronomo e cuoco romano le lumache, che poi in verità sarebbero chiocciole, andrebbero immerse in mezzo centimetro di latte leggermente salato, latte da cambiare ogni ventiquattro ore, fino alla completa spurgatura. La tradizione vuole che siano accompagnate dal vino e mai dall’acqua, ogni lumaca un bicchiere…
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