Burano colorata come le sue case, preziosa come i suoi merletti, dolce e profumata di limone e vaniglia come i suoi Bussolà. Si dice che un tempo le facciate delle case di Burano venissero colorate per facilitare il ritorno dei pescatori nei giorni di nebbia.

“Volo di gabbiani” merletto di Ombretta Panese, “Esperta Merlettaia ad Ago”
L’arte del merletto è anch’essa antichissima e avvolta nella nube di una poetica leggenda. Un pescatore, al momento di partire per un lungo viaggio verso l’Oriente, lasciò alla sua innamorata , come ricordo, una di quelle alghe pietrificate dalle ramificazioni sottilissime e leggere come una trina, che la gente di mare chiama appunto “trina delle sirene”. Durante la lunga attesa di rivedere l’amato bene, la ragazza volle riprodurre il disegno dell’alga con ago e filo: nacque così il primo pizzo buranese. Il finale della leggenda è controverso una versione dice che, al suo ritorno, il giovane trovò il bellissimo regalo d’amore, un’altra versione più triste dice che l’innamorato non sia più tornato perché travolto dalla furia della tempesta.
I Bussola’ sono deliziosi biscotti secchi. Bussolà deriva dalla parola “busa” che in dialetto significa “buca”, sono delle ciambelline dolci, gialle, pesanti e compatte, a volte gli viene data la forma ad esse così si possono più facilmente “mogiar” nel vin santo. Il Bussolà a Venezia è salato a Burano è dolce, una pasta ricca di uova e di burro. Da un documento governativo risulta che la Repubblica di Venezia aveva ordinato alle suore del Convento di San Matteo di Mazzorbo, isola che si trova ad est di Burano e collegata ad essa da un ponte di legno chiamato dagli abitanti “Ponte Longo”, di ridurre le spese per i Bussolà, dato che ne consumavano troppi. Il Convento di San Matteo era stato costruito nel 1298, era stato poi soppresso da Napoleone nel 1806 e poi distrutto. Ogni famiglia aveva la sua ricetta, solitamente i Bussolà venivano portati a cuocere dai fornai perché i forni casalinghi non raggiungevano le temperature sufficienti. Questi dolci venivano prodotti soprattutto nel periodo pasquale e una volta cotti venivano avvolti nella biancheria per preservarne la freschezza. Oggi si conservano in scatole di latta, durano per molto tempo ma tendono ad indurire. La mia ricetta prevede l’uso del maraschino invece del rhum, questa mi è stata gentilmente donata da una signora che, come nelle cartoline, ricamava seduta davanti alla porta della sua casa
- 500 g di farina 00 W 160-180
- 250 g di zucchero a velo
- 200g di burro
- 6 tuorli
- 1 bacca di vaniglia
- 1 limone (scorza grattugiata)
- sale (un pizzico)
- maraschino (1 cucchiaio)
- Ammorbidire il burro e lavorarlo senza montare, aggiungere lo zucchero a velo, i tuorli leggermente sbattuti, la vaniglia, la scorza grattugiata del limone , il sale e il maraschino,
- lavorare il tutto senza montare fino ad ottenere un impasto omogeneo e liscio.
- Aggiungere la farina setacciata lavorando il composto solo fino a quando questa sarà assorbita.
- La massa dovrà essere compatta e omogenea
- Metterla in frigorifero per un’ora.
- Dividere l’impasto in pezzi da 25 g ciascuno e formare delle ciambelle dal diametro di 10 cm.
- Sistemare i Bussolà su teglie antiaderenti o su carta da forno e infornare a 200° per 15 minuti poi abbassare la temperatura a 150° e tenere in forno per altri 10 minuti.
- Sfornare le ciambelline ancora morbide , si induriranno raffreddandosi. Le ciambelline dovranno essere leggermente dorate, gialle e profumate.
Consiglio di abbinare i Bussolà con il RECIOTO DI GAMBELLARA CLASSICO. Vino dal colore giallo dorato più o meno intenso con eventuali sfumature ambrate, dal profumo intenso, con sentore di frutta matura, con eventuali sfumature di vaniglia, dal sapore armonico, con leggero gusto di passito, amabile o dolce, con leggero retrogusto amarognolo, con eventuale percezione di legno.
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