Questa è un’altra ricetta legata alla mia infanzia, in ogni cibo che portiamo in tavola c’è la stagionalità, la condizione economica, i gusti, l’estetica, la tradizione e spesso anche il ricordo. Mia nonna, per preparare questi biscotti, conservava la farina in un sacco bianco, l’aveva acquistata dal contadino e quando alzava lo sguardo oltre il suo giardino, vedeva i campi di mais della famiglia Bernardi. Per rendere morbida la pasta spruzzava generosamente il Maraschino, anche questo prodotto qualche km più in là. Nonna Lisa ancora non lo sapeva ma era già iniziata la crescita sfrenata, lo sviluppo stava divenendo antitetico all’ecologia, l’interesse di pochi cominciava a distruggere la salute di molti. Oggi fortunatamente l’idea di cibo sta nuovamente mutando, si cercano prodotti biologici preferibilmente a Km zero, si parla sempre di più di cibo e salute, ma anche di decrescita felice, si esaltano i piatti poveri della tradizione locale considerati finalmente come delle eccellenze gastronomiche. Tornando al passato ho provato ad analizzare gli ingredienti utilizzati dalla nonna. Per preparare questi Sabbiolini impastava una farina di mais a grana grossa, macinata in un mulino a pietra, la farina Bramata. La farina di mais aveva cominciato ad essere consumata in Italia nel 1700 ma, essendo le proteine del mais di valore biologico inferiore a quelle degli altri cereali ed essendo anche carente di alcuni amminoacidi essenziali come la lisina e il triptofano, nel 1830 il mais, aveva provocato l’insorgere della pellagra tra la popolazione povera di alcune regioni italiane che si nutriva quasi esclusivamente di polenta di mais. Oggi poi sul mais, negli Stati Uniti, è stata praticata una selezione che ha modificato le sue caratteristiche. Pare che le varietà antiche contenessero una buona dose di vitamina B12, mentre le varietà ibride ad alto rendimento ne sono sprovviste, è per questo che bisognerebbe sempre consumare varietà locali e farine non eccessivamente raffinate. Il mais è però anche un cerale ricco di tante virtù infatti è privo di glutine, contiene molti sali minerali come ferro, fosforo, magnesio e potassio e nella varietà gialla protovitamina A o carotene. Il Maraschino che profumava questi biscotti la nonna lo utilizzava probabilmente non solo per il suo sapore dolce ma anche per la sua caratteristica di essere un liquore trasparente che non alterava la colorazione giallo oro della farina di mais, ma penso anche perché prodotto non lontano da casa dalla famiglia Luxardo. Le marasche erano coltivate, come d’altronde lo sono anche oggi, ai piedi dei Colli Euganei. La coltivazione del frutto era iniziata nel dopoguerra quando vi era stata una distribuzione gratuita alle aziende agricole del luogo di 20.000 piante di marasca ritenendo che il clima e il suolo fossero favorevoli a questo tipo di coltivazione. Dalle mie ricerche ho scoperto che in quel periodo oltre alla famiglia Luxardo a Torreglia, anche i fratelli Vlahow, trasferitisi a Bologna da Zara producevano il Maraschino. Pare anche che il vero Maraschino di Dalmazia si preparava cogliendo le marasche ancora immature, quindi molto acide, queste poi venivano pigiate e ridotte in mosto e lasciate fermentare con le foglie di marasca e vino d’uva. Questo miscuglio si distillava e poi si dolcificava con lo zucchero sciolto nell’acqua aromatizzata, misto all’alcol e infine si filtrava. Alcuni produttori schiacciavano anche i noccioli delle ciliegie ottenendo il rosolio di noccioli di marasche.
- farina di mais bramata g 100
- – farina 00 g 200
- – burro g 150
- – zucchero g 100
- – 1 pizzico di sale
- – 1 uovo
- – liquore Maraschino
- Mettere le 2 farine mescolate insieme a fontana sulla spianatoia,
- unire lo zucchero, un pizzico di sale, il burro ammorbidito, l’uovo e spruzzare con il Maraschino.
- Impastare tutti gli ingredienti e lavorare la pasta fino a renderla elastica
- metterla a riposare in frigorifero.
- Infarinare la spianatoia e stendere la pasta con il matterello nello spessore di 1 cm.
- Ritagliarla con delle formine e disporre i biscotti sulla placca del forno imburrata.
- Cuocere a 180 °C nel forno statico, a 165 °C nel forno ventilato per circa 15-20 minuti.
Questi biscotti possono essere accompagnati da un FIOR D’ARANCIO PASSITO dei Colli Euganei. Le uve mature vengono raccolte e fatte appassire in cassettine in ambienti chiusi e arieggiati. Si procede, nel mese di gennaio, ad una pressatura soffice. Dopo una lenta fermentazione il vino viene posto in piccole botti di rovere. Dopo un affinamento in bottiglia, sono trascorsi dalla raccolta 18 mesi, il vino viene immesso al consumo. Ha un colore giallo intenso brillante dorato. Un profumo di fiori d’arancio, vaniglia, albicocca, legno nobile, un sapore dolce e pieno, aromatico e persistente.
Buonissimi e facilissimi da fare