
I Colli Euganei, il cuore del Veneto, quello operoso, accogliente, semplice e cordiale. Dolci pendii e mille colori. La caligine grigia del letargo autunnale, il verde luminoso della primavera che sembra sempre tardare, il giallo accecante dell’estate che con un soffio vola via e l’autunno, che si tinge ogni volta di bruno, di giallo e di rosso. Sui Colli, a Galzignano, vive e lavora Nicola Selmin, che a Il Pianzio è il nuovo che avanza facendo tesoro e rispettando il passato. Produttore di vini, lentamente, vendemmia, dopo vendemmia, racchiude in ogni bottiglia emozioni e colori, mentre insieme alla famiglia tutta, riceve, racconta e invita a brindare, perché nel Veneto si usa far così.

Vuole raccontarmi la storia della vostra Azienda in poche parole?
Fine anni ’80, il lungimirante nonno Eugenio lascia le redini di una piccola azienda agricola ai figli Vittorio e Guglielmo. Da qui ha inizio la storia de il Pianzio di Selmin, azienda vitivinicola a conduzione familiare che si tramanda da tre generazioni. Il passaggio di testimone ha fatto sì che un’azienda agricola “generica” o multiculturale, si specializzasse nel settore della viticoltura e nell’enologia. Guglielmo con il tempo ha ridisegnato il volto dei vigneti: sistema di allevamento, potature più accurate e un diradamento delle uve per una resa qualitativa sempre maggiore. Vittorio, invece, ha diretto la sua orchestra in cantina. Ricordo infatti che da piccolo mi diceva che andava ad ascoltare le botti… Successivamente le rispettive mogli, Marzia e Mariagrazia, hanno iniziato a curare la promozione con manifestazioni ed eventi legati al vino, con l’accoglienza in azienda e con l’allestimento di un punto vendita e di degustazione per enoturisti. Infine io, l’ultimo arrivato, dopo la laurea in enologia a Conegliano e un po’ di esperienza all’estero, per la passione che tutti mi hanno trasmesso, ho scelto di rimanere in azienda. In sintesi, la cura per la viticoltura e la meticolosità nella trasformazione delle materie prime, si trasformano in quello che più ci rappresenta, i nostri vini.

Siete anche produttori di olio, vuole raccontarmi la storia dei vostri oliveti?
Come ho detto, la nostra azienda, agli albori, era multiculturale e tra le varie colture c’era l’olivo. Come tradizione, sui Colli Euganei, gli olivi venivano piantati nelle parti più impervie, a sostegno delle rive o dove altre colture non avrebbero resistito. Nonno Eugenio ci raccontava che, sin da piccolo, ricordava grandi olivi, ormi centenari, che segnavano i confini delle proprietà dei vari contadini. I nostri olivi sono quasi tutti secolari, coltivati lungo le pendici della “Valle del Pianzio”, alcuni ancora al centro dei vigneti, una volta utilizzati come sostegno per i filari. Ad oggi abbiamo circa 800 piante delle cultivar più tipiche del territorio: Frantoio, Leccino, Pendolino e Rasara, la varietà autoctona più rinomata. Nell’ultimo periodo, segnato dall’avvento della Xylella fastidiosa, il territorio dei Colli Euganei è stato preso in esame da diversi esperti per analizzare la cultivar di Rasara, in quanto risulterebbe più resistente all’attacco del batterio killer degli olivi. Sempre dai ricordi del nonno, ci veniva raccontato, che un tempo, l’olio prodotto veniva consumato esclusivamente dalla famiglia e ogni nucleo familiare aveva la sua produzione di olio personale. Oggi molte cose sono cambiate ma, la cultura dell’olivo è rimasta estremamente radicata nel territorio. Una maggior cura della gestione delle piante, una scelta più accurata dell’epoca di raccolta e i nuovi frantoi con molitura a freddo hanno fatto migliorare notevolmente la qualità dell’olio extravergine di oliva euganeo. Negli ultimi anni, infatti, le caratteristiche organolettiche del nostro olio spiccano e lo rendono particolarmente accattivante.

Vuole farmi l’analisi sensoriale del vostro olio e spiegarmi a quali cibi si accompagna?
Le sensazioni olfattive sono caratterizzate da un fruttato medio con note di mandorla e cardo. A livello gustativo si percepisce una piacevole nota amara molto delicata che evolve dopo la deglutizione in un leggero piccante che spicca al retrogusto. Il profumo delicato e il suo sapore puro é in grado di esaltare il gusto di ogni pietanza, senza mai coprirne i sapori. Noi lo consigliamo esclusivamente a crudo per rendere il sapore delle vellutate di verdure più deciso. Da provare assolutamente con una battuta di manzo al naturale o sul pesce crudo. Una chicca, alla quale noi non riusciamo a rinunciare, un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino, con l’olio novello appena franto.

Tornando al vino quante persone lavorano da voi?
La nostra è un’azienda a conduzione familiare, composta di cinque persone, ognuna delle quali ha un suo ruolo ben preciso, ma allo stesso tempo interscambiabile in base alle necessità aziendali. La gestione dei vigneti tuttavia richiede, per alcune lavorazioni, manodopera aggiuntiva, in particolare per la potatura secca e verde, ma soprattutto per la vendemmia, che continuiamo a svolgere manualmente, in questo caso ci appoggiamo a dei lavoratori stagionali del territorio.

Quante bottiglie producete ogni anno?
Abbiamo una produzione annua di circa 90.000 bottiglie con un trend di crescita positivo. La nostra azienda è cresciuta a piccoli passi nel tempo e per questa ragione continuiamo anche a produrre e vendere del vino sfuso come da tradizione, in proporzione è circa il 40% del vino prodotto. In questo modo abbiamo il vantaggio di scegliere solo le uve e i vini migliori da destinare alle bottiglie.

Il vino richiede tempi lunghi. Produrlo è quasi un atto d’amore, occorre una grande motivazione, perché tanti possono essere gli ostacoli, qual è la sua? Cosa la spinge a continuare a lavorare nell’Azienda di famiglia?
Rispondere a questa domanda è nello stesso tempo facile e difficile. Sono cresciuto a stretto contatto con la realtà aziendale e la passione è cresciuta assieme a me. Il nostro è certamente un lavoro che richiede molta passione e sacrifici. A volte, gestire un’azienda vitivinicola come la nostra è una sfida e, per questa ragione, estremamente stimolante. L’aspetto vitivinicolo ti porta ad amare e conoscere profondamente ogni vigneto e i vini che ne derivano. Vedendoli evolvere lentamente nel tempo, in qualche modo si finisce per considerare ogni bottiglia come una propria creazione. Impossibile farne a meno. Lo stesso vale anche per la gestione dell’azienda, un passo dopo l’altro si vedono i risultati dati da anni di impegno e la conseguenza è che non riuscirei a vedermi altrove.

Lei rappresenta in Azienda la nuova generazione, che cosa è cambiato da quando ha iniziato ad essere l’enologo della cantina?
Dal punto di vista tecnico ho iniziato a curare in maniera diversa le vinificazioni e l’affinamento dei vini, ovviamente seguendo le orme e i consigli di mio padre. Non trovo sia corretto stravolgere tutto il lavoro fatto precedentemente e ritengo che un confronto aperto tra le varie generazioni sia la chiave vincente per trovare nuove soluzioni e migliorare nel tempo. Poi in questo lavoro non si smette mai di imparare quindi anche in futuro ci saranno altri cambiamenti.

L’acqua è vita, il vino è cultura. Assaggiando i suoi vini si scopre l’Italia. Cosa raccontano i vini che producete del Veneto?
La nostra cantina è collocata nel cuore dei Colli Euganei, una piccola isola verde al centro della pianura del Veneto. Si tratta di un innalzamento della placca tettonica data da antiche esplosioni vulcaniche che ne infondono la caratteristica forma a cono e un suolo minerale estremamente variegato. Posizionati alla stessa latitudine di Bordeaux, a poco più di 50 km dal mare, i Colli Euganei sono una zona estremamente vocata per la viticoltura, anche se ancora poco conosciuti. I vini rossi, prevalentemente bordolesi, spiccano per la consistenza e i profumi intensi e speziati, ma quello che infonde maggiormente il territorio è una lunga longevità. Per quanto riguarda i vini bianchi i nostri vigneti sono esposti prevalentemente a sud est, questo favorisce una espressione aromatica molo ricca, in particolar modo nel Fior d’arancio, mantenendo tuttavia un’ottima sapidità e freschezza.

Preferisce stare più in vigna o in cantina?
Personalmente preferisco la cantina, anche se la vigna è sempre molto affascinante.

La data della vendemmia è sempre stata, in passato, motivo di gioia, ma anche di preoccupazione, perché era difficile stabilire il momento giusto. Oggi si riesce ad essere infallibili? Che accade al vino se si sbaglia?
Oggi è molto più facile stabilire l’epoca di raccolta corretta, infatti seguendo passo passo le curve di maturazione delle uve si riesce a prestabilire in maniera abbastanza precisa la data di raccolta. Tuttavia, se fosse così semplice, saremmo infallibili. Ci sono molte variabili che incidono sulla raccolta, in primis il meteo, e questo, ancora non abbiamo strumenti per manipolarlo. Non credo sia corretto definire sbagliato il momento di raccolta scelto, direi più che si prendono dei rischi, in particolar modo per i rossi. Ad esempio, nei rossi più importanti si tende ad aspettare fino all’ultimo per la raccolta, a volte con leggere sovra maturazioni. Il rischio è che, con il cambio di stagione, le piogge vanifichino lo sforzo di un anno…. È una scommessa contro il tempo.

Una vostra annata storica che ricorda con gioia e che spera si ripeta.
Sono a tutti gli effetti in azienda dal 2012, quindi da relativamente poco, e tra le annate in cui ho seguito personalmente le vinificazioni ricordo particolarmente quella del 2016. Ottima sia per i vini bianchi che per i rossi… una bella vendemmia. In ogni caso ho sempre collaborato in azienda e ricordo bene anche le annate precedenti. Tra tutte, quella che stupisce ancora oggi è il 2008. Conserviamo ancora gelosamente alcune bottiglie del nostro Cabernet Sauvignon “Jenio” e ogni anno migliora sempre di più…

L’amore per il vino si tramanda di generazione in generazione, si tratta quasi di un rito di passaggio. Allora la invito ad andare indietro nel tempo, mi racconti dove e quando ha incontrato il vino per la prima volta.
I ricordi legati al vino sono molti, ma quelli più vecchi sono legati alla vendemmia. Le due settimane prima di iniziare le elementari avevo la mia forbicina e mi mettevo nella stessa fila del nonno, io raccoglievo nella parte più bassa del filare e lui in quella più alta, oltre ai grappoli che lasciavo indietro. Poi si tornava in cantina e si svuotavano, tutte le casse raccolte, in una vecchia pigiatrice. Mi ostinavo a volerlo fare anch’io, ma riuscivo a malapena a trascinare la cassetta. E infine la ricompensa della giornata, un goccio di mosto di Moscato Fior d’Arancio, profumatissimo e buonissimo.

Quale dei vini che producete le assomiglia per carattere e perché?
Il Ca Nova Bianco è il primo vino che ho “creato” partendo da zero, e forse è quello che mi rappresenta di più. Un vino ottenuto prevalentemente da uve di Manzoni Bianco che fanno una leggera macerazione a freddo prima della vinificazione. È un bianco di carattere intenso, molto minerale e dalla lunga persistenza.

Negli ultimi quattro anni l’Italia si è confermata il primo produttore mondiale di vino. Il grande lavoro da fare è sempre lo stesso, migliorare la qualità e aumentare le vendite. Se potesse fare una richiesta alla Ministra Bellanova cosa le chiederebbe?
Una minore burocrazia aiuterebbe sicuramente, in particolar modo per le realtà di medie dimensioni come la nostra, dove in primo piano vi sono il lavoro in vigna e l’accoglienza in cantina.

Quale dei vostri vini è il più amato e il più venduto? Me lo racconti, il suo respiro regala un calice…
Serprino DOC, un prodotto di eccellenza territoriale. Ha un colore giallo paglierino brillante. Aroma fine e delicato con note floreali di acacia e biancospino, fruttate di mela verde. La sua bollicina fine e briosa lo rende un fantastico aperitivo d’estate, magari con il sole che scende e le risate degli amici che salgono… Il suo segreto è forse la facilità di beva, ma questo non vuol dire che sia un vino facile, anzi, richiede infinite cure, sia in vigna che in cantina, per renderlo così accattivante e profumato.

Che colore ha per lei il vino?
Tutti i colori del mondo, perché il vino unisce sempre…

Lei è enologo, la invito allora a fare una previsione, cosa berremo tra dieci anni?
Negli ultimi anni si è parlato molto di vitigni resistenti, trovo che sia un ottimo punto di partenza per avere vini che si adattano alle diverse condizioni climatiche, ma soprattutto che siano in grado di resistere ai patogeni, con una conseguente riduzione dei trattamenti in vigna. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare per ottenere vitigni che mantengano le stesse caratteristiche delle varietà autoctone per non perdere identità e tipicità. Poi per quanto riguarda lo stile dei vini, il bello di questo mondo è che ogni cantina interpreta a proprio modo la visione del vino… Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

Quali sono i progetti futuri per Il Pianzio?
Migliorare l’accoglienza per un enoturismo più consapevole e amante del nostro territorio.

Lascia un commento