Amo molto il Veneto, regione prisma della nostra Penisola, dove ammiro riflessi tutti i paesaggi italiani, il “distillato” della nostra Italia migliore.
In tema di vino oggi vi porto sui Colli Euganei in provincia di Padova, dove la vite ha iniziato ad essere coltivata nell’Età del Ferro e dove i terreni vulcanici, ricchi di minerali, donano vini unici di grande personalità, “vini ingannevoli e forti”, come li definiva il medico e filosofo Andrea Bacci nel 1500.
Là, sui Colli, dolci pendii, c’è Cà Lustra, l’Azienda Agricola di Franco e Marco Zanovello, che ho visitato nel mese di aprile in occasione di un tour gastronomico con AIFB.
Franco Zanovello ci ha aperto la sua cantina, ci ha raccontato la sua storia, insomma ci ha svelato cosa c’è dietro un bicchiere del suo vino.
Cà Lustra, in dialetto veneto “casa dove abitano persone illustri” nasce come il “buen retiro” del papà del signor Franco, ingegnere idraulico, che la acquista nel 1960 insieme ad una piccola vigna. Poi lentamente con il passare degli anni, grazie alla passione e all’amore che tutta la famiglia ha per la terra, Cà Lustra si trasforma e da casa di vacanza diviene la moderna Azienda Agricola che è oggi.
Un’azienda ecosostenibile che lavora in biologico certificato, in vigna e in cantina e che quest’anno a settembre inizierà la trentottesima vendemmia.
Cà Lustra si estende per 25 ettari nei comuni di Cinto Euganeo, Arquà, Galzignano e Baone e in piccola parte anche in Sicilia tra Alcamo e Partinico dove 7 ettari producono cinque varietà diverse di vino.
Esporta in 40 paesi, ma la cantina non ha un enologo perché Zanovello ama dire: ”Faccio come piace a me”.
L’azienda produce 30 varietà di vini diversi, ma non tutti sono in commercio perché ogni botticella di rovere con i suoi 950 Kg di uva ha una sua vita e una sua storia e quindi c’è sempre quella che assolutamente non può essere venduta ma solo “spillata” e bevuta con gli amici di sempre.
I vitigni di Cà Lustra sono Moscato Bianco, Fior d’Arancio, i Bordolesi Merlot e Cabernet, ma anche Garganega, Tocai, Serprina, Malvasia, Pinella e Pedevenda.
Si suole dire che ogni bottiglia di vino racconta il territorio dove è stata prodotta e le bottiglie di Cà Lustra lo raccontano anche nei nomi, come il Moro Polo, il rosso di carattere che porta il nome del Re del Venda, al secolo Antonio Lionello, il fiero e schietto guardaboschi dei Conti Giusti del Giardino, ma anche il rosato Aganoor dedicato alla poetessa di origine armena Vittoria Aganoor, che visse nella villa confinante con il podere Cà Lustra.
Dieci sono questi “vini speciali” che fanno parte della Selezione Zanovello originali anche nelle etichette con le iscrizioni rupestri dei paleoveneti.
Tutte le scelte di Franco Zanovello denotano in vigna e in cantina l’amore per il territorio, il desiderio di conoscenza, ma soprattutto il desiderio che nulla del passato vada perduto e dimenticato.
Splendido è anche il murales della bottaia realizzato dai ragazzi del liceo artistico Pietro Selvatico di Padova che traendo spunto da un lavoro scenografico del pittore cubista Fernand Leger, il Ballet Suedois (La Creation du monde 1923) hanno rappresentato la vita e la storia del nostro piccolo pianeta.
Dietro ogni bottiglia di vino c’è la passione di chi l’ha prodotta e allora cerchiamo di conoscere meglio Franco Zanovello.
Vuole presentare la sua Azienda in poche parole?
La mia Azienda non è altro che prodotti sani da un territorio unico e prezioso la cui sintesi è una sincera identità in bottiglia.
Quante bottiglie producete ogni anno?
140-160.000 suddivise in 20 vini diversi.
Da quanto tempo siete in biologico?
Dal 2008.
Quante persone lavorano nella sua Azienda?
Siamo in 10, 7 dipendenti e 3 titolari.
Si suol dire che la produzione del vino sia un rito che si ripete ogni anno, qual è il momento che ama di più?
Far vino è qualcosa che vive tutto l’anno, un rito che spesso si ripete per più anni. Il momento più creativo è l’attimo in cui si interpreta l’uva e il suo destino. Il momento più bello è forse quello in cui il vino nuovo lascia percepire i suoi valori più promettenti anche se non ancora svelati.
Un suo ricordo legato al vino che ancora oggi la emoziona?
A Mosca, durante una cena di rappresentanza, quando Dalai Lama, massima autorità spirituale del Buddhismo Tibetano, che osserva il precetto dell’astenersi dal bere, volle assaggiare un nostro vino rosso per comprendere l’influenza che esso aveva avuto sugli ospiti fino al punto di cambiare il tono della conversazione che lentamente era mutata da seria e misurata a leggera e collaborativa. Dopo aver assaporato un sorso del nuovo e sconosciuto nettare lo definì “elisir di gioia di vivere”.
E’ più importante la vigna o la cantina per ottenere un buon vino?
Non c’è storia…la vigna e tutto ciò che gli ruota intorno creano qualcosa che in cantina va solo correttamente interpretato e trattato in punta di piedi.
Un vino di successo è sempre un buon vino?
E’ naturale che immagine e illusione possano anche inconsapevolmente spostare i giudizi.
Se l’astronauta Samantha Cristoforetti le avesse chiesto un vino da meditazione da portare sulla Stazione Spaziale e da assaporare con i colleghi stranieri guardando la Terra lontana, quale delle sue bottiglie Le avrebbe dato ?
Il Nero Musquè, così vicino all’origine del tutto, così “diverso” da essere in grado di unire le visuali più diverse.
(Il Nero Musquè è un vino siciliano di Cà Lustra, prodotto a Costa di Bisaccia in Contrada Lavatore a Partinico in provincia di Palermo, in alta collina a 430 mt. slm, a 10 Km dal Tirreno. La vendemmia viene effettuata con qualche settimana di ritardo, verso il 20 settembre e l’uva è soggetta ad un appassimento naturale in pianta. Franco Zanovello in terra di Sicilia ha recuperato il Moscato nero di Parenzo, vitigno quasi scomparso perché poco produttivo e selvatico, ma unico. Il Nero Musquè è un vino dolce che concentra in sé i profumi e i sapori della macchia mediterranea)
Fuori piove è un nuovo diluvio universale, può portare sull’Arca una sola bottiglia di vino, l’unica al mondo che resterà dopo il ritorno del sereno, quale vorrebbe scegliere e perché?
Un Saperavi di Khakheti, se qualcuno potrà ricominciare daccapo che ricominci dall’origine.
(Il Saperavi è un vino georgiano. La Georgia è il luogo dove nacque il vino, in questa regione del Caucaso è stata trovata la più antica cantina, risalente a 6000 anni fa. Omero nell’Odissea cantava dei vini profumati e frizzanti della Colchide, la Georgia occidentale. Si esegue una vendemmia manuale, una leggera pigiatura e poi seguendo l’antico metodo l’uva viene messa a fermentare in anfore di argilla cotta Kuevri, insieme al cha cha, vinacce, bucce e raspi, poi le anfore vengono interrate per mantenere la temperatura di 20 °C)
Qual è l’immagine del vino italiano all’estero?
La più variegata e controversa, inimmaginabile…..proprio come sono gli italiani.
Un suo sogno nel cassetto riguardo la sua Azienda.
Niente sogni per l’impresa, pur piccolissima ma pur sempre un’impresa. E’ il suo buon funzionamento che alimenta i sogni.
Bella è la storia di Cà Lustra e della famiglia Zanovello, probabilmente iniziata molti anni fa come un sogno e poi divenuta realtà, perché, a volte, i sogni si avverano.
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