Per questa intervista sono andata alle terme, ad Abano, nel cuore dei Colli Euganei, per conoscere Claudio Crivellaro, chef dell’ Hotel Bristol Buja e Presidente dell’Unione Cuochi Veneto.
Una lunga intervista, tante domande, alle quali Claudio Crivellaro ha risposto con semplicità, stando al gioco per quelle più eccentriche, senza sottrarsi. Ne è uscito il ritratto di un uomo intelligente, interessante, disponibile a condividere con altri le sue competenze e soprattutto con una grande passione per il suo lavoro.
Qual è stata la tua formazione?
Formazione classica, prima la scuola alberghiera all’ Istituto Pietro d’Abano, poi ho iniziato subito a lavorare, stagioni in varie strutture, al Caminetto e all’ Hotel Cristallo di Cortina, all’Hotel Des Alpes a Madonna di Campiglio, alla Baitina e al Linta Park Hotel di Asiago, all’Hotel Sporting e all’Hotel Splendid a Galzignano e infine dal 1992, qui, al Bristol Buja.
Chi puoi considerare il tuo maestro?
Lo chef Alberto Bacchetta, un piemontese di grande esperienza che aveva lavorato sulle navi da crociera, al Grand Hotel Des Bains e a l’Hotel Excelsior a Venezia. Abbiamo lavorato insieme un solo anno, all’Hotel Sporting di Galzignano, ma è rimasto, sempre per me, un esempio da imitare. Era duro e severo, ma mi voleva molto bene, mi ha trasmesso la passione, la serietà e il rispetto che sono necessari per svolgere questa professione.
Cosa amavi mangiare da bambino?
Da bambino mangiavo di tutto, non c’erano cibi che non mi piacevano. Mia madre mi ha educato a tutti i sapori, vivendo in campagna aveva a disposizione tutte le verdure di stagione, il maiale, gli animali da cortile, la mia era insomma quella che oggi si potrebbe definire un’alimentazione sana, variata ed equilibrata.
Sei goloso?
Mangio e assaggio di tutto, ma non mi considero un grande goloso. Mio padre che ha quasi ottant’anni ha una grande passione, coltivare un bellissimo orto, quasi un giardino, quindi d’estate non so resistere, raccolgo e mangio una verdura che ha un sapore diverso, antico, impossibile da trovare altrove.
Chi cucina a casa tua?
Solitamente ci sono pochissimo, ma quando mangio a casa cucina mia moglie, a meno che non vi siano ospiti, allora, in quel caso, cucino io.
In tre parole descrivi la tua cucina.
Semplice, ricercata e innovativa. Sembra una contraddizione in termini ma non è cosi. Le mie sono preparazioni semplici che però prevedono una ricerca e un attento studio degli ingredienti.
Tradizione o innovazione in cucina?
Sicuramente innovazione, ma sempre con misura, valorizzando senza stravolgere.
Quanto è importante l’estro in cucina?
Sicuramente è una parte importante e anche fondamentale, ma non è tutto. Dietro il piatto bello e creativo che i mass media ci mostrano deve esserci, necessariamente, studio, lavoro, rigore e disciplina.
In questo momento i cuochi sono considerati al pari dei divi dello spettacolo, che cosa è per te un cuoco?
Una persona profondamente innamorata del proprio lavoro, perché, è vero, si hanno tante soddisfazioni, ma è richiesto soprattutto un grande sacrificio. Spesso si lavora in condizioni non ottimali, si è costretti a tante rinunce nella vita privata. Non deve pesare troppo l’essere lontani dai propri affetti nei momenti più belli e intimi della vita.
La virtù che un cuoco deve avere.
La modestia.
Il peggior difetto per un cuoco?
Non saper valorizzare i propri collaboratori.
Quali sono le particolarità del ristorante di un grande albergo come il Bristol Buja?
Lo Chef che dirige la cucina di un grande albergo non si occupa solo del ristorante, ma anche della gestione del personale. L’albergo è una struttura operativa sette giorni su sette, quindi, occorre gestire i giorni di riposo del personale anche in relazione al flusso dei clienti. Ovviamente sono compiti che con l’esperienza si compiono automaticamente senza difficoltà, ma sono queste le differenze.
Ti senti come il regista di un film?
Non vorrei esagerare ma credo di sì. Bisogna dirigere senza essere autoritari, bisogna stabilire una linea che sia condivisa da tutti, non bisogna mai prevaricare valorizzando il talento e la professionalità di ogni collaboratore.
Cosa cerchi di insegnare ai tuoi giovani collaboratori?
Cerco di fargli comprendere che cosa è in realtà la professione del cuoco. Questa, non è solo preparare il piatto creativo, rifinirlo con l’ultima fogliolina, prima c’è un lungo percorso, una quotidianità spesso non facile che richiede, impegno, dedizione, ma soprattutto passione.
Come vedi i giovani chef del domani che entrano nella tua cucina per gli stage e per l’alternanza scuola lavoro?
Vedo, nella maggior parte dei casi, giovani entusiasti, desiderosi di imparare che arrivano prima, vanno via dopo, insomma ragazzi che hanno solo bisogno di essere motivati e danno tantissime soddisfazioni.
Quali sono le regole che adotti nella tua cucina?
Le regole che mi sono state date dalla scuola alberghiera: ordine, pulizia e disciplina.
Hai mai avuto delle delusioni nel tuo lavoro? Come hai reagito?
Facendo questa professione capita spesso di ricevere giudizi positivi ma anche negativi, e io cerco sempre di non esaltarmi come anche di non deprimermi. Ricordo un fatto accaduto 12 anni fa, ero appena divenuto Chef, e per un Galà di Pasqua avevo deciso di preparare un antipasto molto particolare, ma troppo complicato per il numero degli ospiti presenti, così avevamo perso troppo tempo a impiattare e l’attesa dei clienti era stata un po’ troppo lunga. Al termine dell’evento il commento era stato: <<Buonissimo, però…>>, e questo mi aveva lasciato un po’ di amaro in bocca. Insomma dopo tanto lavoro una delusione, che però mi è servita per imparare a bilanciare i piatti in rapporto al numero degli ospiti e a ripartire il carico del lavoro. Il servizio deve essere veloce, perché oggi, più che mai si devono rispettare i tempi del cliente.
Il piatto italiano che i clienti stranieri amano di più?
Tutti i piatti della tradizione, ma se dovessi sceglierne uno in particolare sicuramente il Fegato alla veneziana.
I clienti più difficili da accontentare?
Sicuramente gli Italiani e i Francesi che, per la loro grande cultura gastronomica, sono inevitabilmente esigenti.
Scegli e compri tu i prodotti del Bristol Buja? Quali prediligi?
La Proprietà mi lascia totale libertà di scelta, la mia è una continua ricerca di prodotti di qualità, seguendo i ritmi delle stagioni e per quanto possibile non coltivati a migliaia di chilometri di distanza.
La tua cottura preferita?
Anche se non per tutto prediligo la cottura sottovuoto a bassa temperatura, perché si riesce ad avere un grado di morbidezza non ottenibile in altro modo. E’ particolarmente indicata per la cottura della carne per la quale non vanno superati i 70°C per evitare la denaturazione delle proteine con la perdita di sostanze preziose, e che essa risulti asciutta, stopposa, difficile da digerire e soprattutto senza alcun sapore.
Uno chef straniero?
Ferran Adrià nonostante sia amato e odiato, perché è riuscito a creare piatti nuovi e unici, totalmente diversi, grazie allo studio, all’approfondimento, alla ricerca della materia prima. Ha cambiato il colore, il sapore, la temperatura del cibo. Mi piace molto per il suo stile originale e innovativo, anche se spesso sono piatti non fattibili.
Un giovane chef emergente?
Stefano Baiocco , lo Chef di Villa Feltrinelli. Premiato con 2 stelle Michelin, gestisce un ristorante di soli 40 posti aperto solo in estate, sul lago di Garda. Per il resto dell’anno Stefano gira il mondo alla ricerca di quei sapori che gli permettono di creare per i suoi clienti piatti unici, sofisticati e ricercati.
Un amico?
Michele Viale, Chef Saucier, il mio braccio destro.
Ora giochiamo con due domande particolari.
Ti invito a fare un lungo viaggio fino in Sicilia. Sei in una casa al mare, hai a disposizione una cucina, tanti prodotti tipici della regione e due ore di tempo. Ti attende una serata romantica. Cosa cucini?
Sicilia sapore di sole e di mare anche nei piatti. Inizierei la serata con un antipasto, una tartare di gamberi rossi di Mazara del Vallo, con mango, finocchietto e crostini di pane al sesamo, “giugiulena” in siciliano.
Poi la Pasta alla norma, la ricetta originale, oppure inserendo una parte croccante.
Infine le Minne di Sant’Agata, allusive e dolci: pan di Spagna, zucchero, ricotta, cioccolato, pasta di mandorle, Rosolio, e una piccola e rossa ciliegia candita.
Ora un viaggio nel tempo. Oggi è l’8 agosto 1918, tu sei il cuoco della locanda Ballotta.
Questa sera mangerà da voi Gabriele d’Annunzio. Il Vate partirà domani con la squadriglia Serenissima da San Pelagio per raggiungere Vienna. Gabriele d’Annunzio ha un rapporto carnale con il cibo. Nella sua casa il Vittoriale, ha una cuoca che considera ineguagliabile, la mitica Suor Intingola, al secolo Abina Lucarelli Becevello, l’unica donna che non è stata la sua amante. Con i pochi prodotti che hai a disposizione cosa prepareresti per sorprendere il Vate?
Essendo il poeta un habitué della Locanda Ballotta gli preparerei il suo piatto preferito, i cannelloni.
I cannelloni che al Vittoriale voleva sempre pronti in ogni ora del giorno e della notte. Li farcirei con l’oca in onto, una conserva che fa parte della tradizione culinaria veneta. A quel tempo si usava conservare la carne di oca disossata e salata nel suo stesso grasso o in quello del maiale, per poi poterla utilizzare durante l’inverno, nella preparazione di molti piatti, tra i quali anche Risi e bisi. Prepararla era quasi un rito, le oche venivano macellate il giorno di San Martino, poi la carne veniva posta in orci di terracotta, detti “pignatti”, e conservata al buio nelle dispense. Questa preparazione aveva un sapore particolare e intenso, dato anche dalle erbe con cui le bestie erano nutrite, un piatto che credo sarebbe piaciuto al Vate uomo amante, come usava dire lui, degli eccessi, del piacere e dell’allegrezza.
Sei stato da poco nominato Presidente dell’Unione Cuochi Veneto, oneri e onori di questa carica.
E’ stata una grande soddisfazione. Il mio compito è sostanzialmente quello di creare una liaison tra le varie province del Veneto, ma anche tra i cuochi presenti sul territorio, organizzando quattro Consigli Regionali. Quest’anno ho partecipato anche all’organizzazione dell’Assemblea Nazionale che si è svolta a Treviso, e che, seguendo le nuove direttive, è divenuta itinerante per avvicinare la FIC al territorio.
Cosa bolle in pentola per il tuo futuro?
Questo passato è stato un anno intenso, sono appena tornato da Mannheim con la scuola alberghiera, ora stiamo già lavorando alla seconda parte del progetto BWell, che verrà presentato in autunno.
Vuoi parlarmi del progetto BWell ?
Si tratta di un menù, o meglio di 14 menù completi, 56 piatti, che gli ospiti del Bristol Buja possono scegliere tra le tante altre proposte. Sono piatti nutrizionalmente corretti, colorati, invitanti, in una parola gustosi, che io e la mia brigata abbiamo creato in collaborazione con la nutrizionista D.ssa Maria Teresa Nardi e il cardiologo Dottor Gianfranco Buja. L’albergo Bristol Buja subirà una serie di modifiche e di ristrutturazioni perché la seconda parte del progetto BWell interesserà non solo il modo di mangiare, ma anche la cura del corpo e della mente a tutto tondo. Sarà qualcosa di unico che vi invito a provare.
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