Il cibo: dalla notte dei tempi, l’alfabeto muto di chi lo crea. Questo è sempre stato al Giuda Ballerino e oggi con Alessandro Caputo, il sous- chef di Andrea Fusco, lo è ancora di più.
La sua cucina è gioia, amore, ma anche malinconia. Un arcobaleno di colori sono i suoi piatti, scomposti in tanti frammenti. Frammenti per tradurre in sapori, ricordi, immagini, tradizioni e sensazioni.
Il cibo come nutrimento, quindi il pane, che impasta ogni giorno come fosse un rito, sacro per lui, come per tutti coloro che sono nati nelle terre bagnate dal Mediterraneo, il mare che unisce e non divide.
La cucina del Giuda Ballerino oggi è più ricca, ora è il luogo dove le emozioni prendono forma, sono le emozioni di Alessandro Caputo.
Nonostante i riflettori siano ormai da anni puntati sulla cucina, la figura del sous-chef è ancora quasi sconosciuta ai più, vuole dirmi in cosa consiste il suo lavoro?
Qui al Giuda Ballerino creo molto, cucino poco, sto al passe, quindi controllo i piatti quando escono e quando rientrano in cucina. Seguo inoltre i fornitori che spesso sono piccoli, a km zero e che quindi conosciamo personalmente, perché sono venuti loro stessi a raccontarci il loro lavoro e per questo li abbiamo scelti. Tutto questo lo faccio sotto la direzione dello Chef Andrea Fusco.
Come è arrivato al Giuda Ballerino?
Per caso, dal Veneto volevo avvicinarmi a casa e Roma è molto simile alla Sicilia. Lavorando in un ristorante con 3 Stelle Michelin, dove il traguardo è raggiunto, ho trovato entusiasmante, quasi una sfida, il poter collaborare con uno Chef che la Stella l’ha persa e vuole riottenerla.
Le piace Roma e il temperamento dei suoi abitanti? Dopo tanto nord, tanta nebbia, oggi, per lei, la Città Eterna è casa?
Sì lo è! E’ l’unico luogo in Italia dove vorrei vivere. Roma è grande, ma non è come le altre metropoli. Passeggi per la città e migliaia di anni di storia ti avvolgono. Il clima è simile a quello della mia Terra e anche il carattere di chi vi abita.
Dopo aver lavorato con Chef come Michael Dutnal, Heston Blumenthal, Michel Roux jr, Massimiliano Alajmo, Silvio Giavedoni, cosa le piace di Andrea Fusco?
Lo Chef è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, quindi è aperto a nuove idee e a nuovi sapori, questo mi piace molto. Poi forse lui è l’unico Chef che è riuscito a trasformare la cucina romana in una cucina gourmet.
Il cibo è anche seduzione, le mai accaduto di sedurre una donna cucinando per lei?
No, non mi è mai accaduto. Non mi piace pensare che il cibo sia seduzione. Credo che il cibo sia nutrimento, come lo era migliaia di anni fa , lo si può cucinare in maniera eccellente, ma resta nutrimento.
La cucina per lei è arte?
No, per me è emozione. La stessa emozione che provo quando al ristorante arriva anche solo una fogliolina nuova e allora mi si apre un mondo. Quando cucino esprimo quello che provo intimamente in quel momento. Il piatto è l’espressione dell’amore che ho dentro.
Come nasce un piatto? Vuole raccontarmi nel dettaglio come crea?
I miei piatti nascono sull’onda di un’emozione o di un ricordo. Spesso assaggio qualcosa, che può essere anche un’alga, che subito mi ricorda mio nonno che portava a casa le cassettine di pesce, allora abbandono l’idea dell’alga e decido di cucinare il pesce. Durante la lavorazione scompare il pesce e restano solo gli ingredienti che lo accompagnavano e nel piatto entra qualcos’altro, a quel punto lo distruggo perché non mi piace più e ne faccio un altro. E’ sempre così!
Lei è molto giovane, la cucina è anche sacrificio e rinuncia, orari impossibili, cosa le manca?
Mi mancano le piccole cose della vita: andare a correre la mattina quando mi alzo, fare colazione con calma. La mia passione oltre la cucina sono i bonsai, per me sono armonia pura. Qualche giorno fa, non avendo avuto il tempo di annaffiarli, si stavano seccando, questo evento mi ha fatto riflettere. Spesso penso anche di togliere tempo alla famiglia e alla vita di coppia, ma poi le soddisfazioni che questo lavoro mi dà, riescono a farmi dimenticare le rinunce. Quando raggiungo un obbiettivo, che può essere anche solo una cottura perfetta, cerco qualcos’altro. E’ sempre più lontano ciò che voglio e la rinuncia inevitabilmente è sempre maggiore. Questo è il motivo per il quale, a volte, entro in crisi e mi chiedo se è giusto o non è giusto. Ma poi la cucina a vista, la possibilità di poter osservare un ospite che assaggia un mio piatto e le piace e prova un’emozione, mi dà gioia e mi convince che questa è la mia vita, quindi poi anche se dico sempre che vorrei cambiare lavoro, non lo faccio mai.
Tra voi giovani Chef c’è scambio o gelosia?
Siamo tutti emergenti quindi è naturale che tra noi vi sia un “pizzico” di gelosia.
Lei insegna nella scuola Italian Genius Academy, come vede gli Chef del domani?
Non lo so, io spero solo che tra di loro vi siano molti Ferran Adria, con il suo stesso estro nel creare.
Perché non è uno Chef social?
In questo momento sono molto preso dal lavoro e sento di non avere il tempo necessario per seguire i social con la continuità e l’attenzione che sarebbero necessarie. Forse in futuro mi farò aiutare da qualcuno più esperto di me, perché sono consapevole che sono un mezzo utile per farsi conoscere a più persone.
Qual è l’ingrediente che non manca mai della sua cucina?
La soia, che bilancia la sapidità del piatto. La utilizzo molto spesso in sostituzione del sale.
Cosa c’è di nuovo al Giuda Ballerino da quando è arrivato lei?
Il pane, che viene sfornato qualche minuto prima che arrivino gli ospiti. Mi dedico alla panificazione da sei anni, utilizzo un lievito madre vecchio di cinquant’ anni.
Lei si occupa anche della pasticceria del Giuda Ballerino, vuole raccontarmi un dolce con cui ci stupirà nel nuovo menù?
Ho voluto ricreare l’idea dell’inzuppo nel cappuccino del mattino. Il lievitato ha la forma del maritozzo romano, ma l’impasto è quello della classica brioche siciliana. Lo accompagnano un gelato d’orzo e una spuma di mascarpone. Ho voluto chiamarlo Colazione a cena.
Chi cucina a casa sua?
La mia compagna. Cuciniamo insieme i giorni in cui non lavoro. E’ un momento di condivisione che ci piace molto.
Chi è la donna che vive accanto a lei?
E’ una donna che mi sostiene in tutto ciò che faccio. Spessissimo mi chiedo se ha senso che io continui a fare questo lavoro, perché non riesco a capire se i risultati mi ripagheranno del sacrificio che sto affrontando, chi mi sprona ad andare avanti è lei.
Che colore ha per lei il cibo?
Blu, come il mare della mia Terra che un po’ mi manca.
Una musica che per lei rappresenta il cibo?
Rock and roll tutta la vita! Rende più leggera la mia giornata. Il ritmo alto e basso del Rock and roll è un po’ lo stile di vita di noi Chef.
Un sogno nel cassetto?
Vorrei un ristorante mio, ma vorrei soprattutto che il mio nome e la mia cucina siano riconoscibili.
Bellissima recensione o meglio bellissima storia, traspare passio e ammirazione per chi mette tutto se stesso in ciò che crede.
Ciao Paola, a me è piaciuta molto la sua idea del cibo come emozione. Spero di avere l’occasione di poter seguire nel tempo l’evoluzione della sua cucina e soprattutto che lui abbia voglia di raccontarmela.
Un ragazzo solare come i piatti che crea. Si vede dalle foto che cucinare o meglio creare lo emoziona.