
Troppo tempo è passato dall’ultima visita al Bernini e allora sono salita nuovamente lassù. La sua terrazza è la più bella di Roma.
Non è vero direte voi, ma ognuno ha il suo luogo del cuore e quello è il mio. Ma torniamo a noi, nei ristoranti alla moda solitamente si va a cena, ma io a The Flair vado a pranzo, sempre per via della succitata terrazza che di giorno mostra Roma in tutta la sua immensa bellezza.
Ricordavo un servizio sciatto, scadente, diciamo pure incompetente. Oggi il vento è finalmente cambiato, il Ponentino di Roma ha portato una ventata di professionalità. La sala è accogliente, sorridente, solerte, con garbo e cortesia intrattiene gli ospiti negli inevitabili momenti di attesa.
Uno chef al timone pare non vi sia, o meglio ve ne sono due, dei quali, volutamente, si omette il cognome, perché, si sottolinea, la cucina oggi non è più gourmet, ma tornerà ad esserlo con un nuovo chef. In attesa la brigata lavora solerte nella cucina palcoscenico che fu dell’ecclettico Andrea Fusco cucinando finalmente per l’ospite e non per un celato ispettore della “Rossa” Michelin.
Unico è il menù, colorato e mediterraneo. Cottura e sfoglia perfetta per i ravioli di burrata. Morbidi, gustosi, leggeri anche se sormontati da fiori di zucca simili nella consistenza a lacci di liquirizia di bambinesca memoria.
Gravi le lacune della materia dolci, che inevitabilmente portano ad una bocciatura. Probabilmente un pasticcere non c’è e il cuoco, si sa, pasticcere non è. Buono il tiepido tortino di carote, ma strana la consistenza e metallico il sapore della crema di mandorle.
Nel semifreddo buona l’idea, ma al palato inesistente il basilico e il profumo del lime che si palesa con solo un retrogusto di “vecchio”, per nulla fiorito il lampone.
Insomma che dire… solo che molto si può fare nell’attesa del nuovo chef.
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