<<E’ tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce […] e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce […]>>
Questo scriveva Gabriele d’Annunzio al suo amico pasticciere di Pescara Luigi d’Amico dopo aver assaggiato il dolce che questi aveva appena creato.
Il Pane rozzo o meglio il Parrozzo, che il Calendario del Cibo Italiano, con Ilaria Talimani come Ambasciatrice celebra oggi, 1 marzo, anniversario della morte del Vate rimarrà sempre, insieme al Montblanc e al croccante, uno dei suoi dolci preferiti.
Il Parrozzo, un dolce semplice di uova, burro e mandorle con un sottile strato di cioccolato avrà sempre per d’Annunzio il sapore struggente della nostalgia per l’Abruzzo, la sua terra lontana. Terra di pastori e marinai, dignitosa e fiera, alla quale rimarrà sempre legato con un filo sottile fatto di tutti quei cibi che gli amici pescaresi gli inviavano ovunque egli fosse.
Si è avuta conoscenza dei gusti gastronomici di d’Annunzio leggendo i biglietti che egli scrisse per 20 anni alla sua cuoca personale e responsabile della “cambusa”, Albina Lucarelli Becevello, l’amata Suor Intingola, l’unica donna che non divenne mai la sua amante.
Albina lo venerava, era complice dei suoi eccessi amorosi, era sempre pronta ad esaudire i suoi desideri cucinando per lui e per le sue amanti anche nel cuore della notte.
Il Vate firmava i suoi biglietti: Gabriele, Gabriel, Priore, Ariel, per lui era una madre, una moglie, si fidava ciecamente di lei. Lui che scriveva alla Duse di avere un bisogno imperioso della vita violenta, della vita carnale, del piacere, del pericolo fisico, dell’allegrezza, provava nei confronti di Albina una profonda tenerezza.
Era goloso, ma anche capace di lunghi digiuni. Amava la frutta, in special modo le mele, simbolo di trasgressione. Anche l’uva che paragonava <<alla rigonfia mammella di una dea>>.
Nel Libro segreto scriveva: <<[…] pilucco un grappolo d’uva. […] ogni acino è una piccola fiala tra verdiccia e gialliccia, che contiene una goccia di nettare, una sostanza ambrosia>>.
Alla cara Albina chiedeva per iscritto <<mondia di arance>> non altro che arance sbucciate finemente e condite con qualche goccia di liquore.
Amava abbandonarsi alla suggestioni dei sensi e dell’istinto.
<<Cara cara Albina,
da tanti e tanti anni non avevo più mangiato l’uovo sodo tagliato in quattro. Questo tuo è cotto con l’ultima perfezione. E’ sublime. Quando ero bambino chiedevo l’ovo spalmato di una leggera salsa di acciughe. Mi leccavo le dita; e qualche volta mi accadeva di inghiottire la prima falange. Stasera ho ritrovato quella divina estasi. Vendo la mia primogenitura per un uovo perfetto come il tuo, sublimato dalla salsa di acciughe. Scivolo sotto la tavola in uno svenimento che nessuna femmina mi farà mai provare. Albina, sii laudata nei secoli dei secoli. E risplendi in eterno nella Costellazione dell’Ovo e nella Nebulosa dell’Acciuga! Amen>>
Pochi sanno ma si deve a lui l’invenzione della parola tramezzino con la quale voleva alludere al “tramezzo”, lo spuntino tra la prima colazione e il pranzo.
Tutto accadde nel 1926, quando un giovane dal nome Mulassano, dopo essere emigrato negli Stati Uniti, era tornato in Italia per aprire a Torino il Caffè Mulassano a Piazza Castello.
Il giovane per essere “alla moda”, inizialmente aveva servito solo toast americani, poi però il gusto e lo stile italiano avevano prevalso e aveva iniziato a farcire i panini all’italiana dandogli una nuova forma a triangolo.
Gabriele d’Annunzio poi aveva fatto il resto chiamandolo tramezzino.
Il Vate amava l’eccesso, l’estremo, questo è quello che scriveva il 2 ottobre 1927.
<<Ecco, dopo ventiquattrore di orgia possente e perversa, dormo undici ore continue. Vado subito a cercare, nel risveglio, il “piatto freddo” nel corridoio buio. Mangio avidamente – non come un principe ma come un minatore – prendendo le fette colle belle dita. O incanto della Fame, che trasmuta in ambrosia e in nettare il prosciutto cotto e il Porto Ruby!>>
Il Vate era controllato nel bere. Assaggiava, brindava, ma nulla di più. Amava tenere la scena, affabulare, sedurre, ammaliare, come un attore sul palcoscenico, controllando ogni suo gesto. Era un dandy amato dalle donne, invidiato e criticato dagli uomini, alle feste non mangiava in pubblico per mantenere un alone di fascino, eleganza e charme.
Regalava alle sua amanti scatole di cioccolatini FIAT e Majani arrivando a scrivere a Giovanni Buitoni lodi della cioccolata Perugina <<l’eleganza ornativa e la incomparabile squisitezza di quel che le preziose custodie contengono>>.
Aveva desideri improvvisi che voleva soddisfare subito.
<<Molto cara Albina,
mi duole darti un gran dolore. Ma io ho un’improvvisa passione per i can-nel-lo-ni. Bisogna che tu abbia cannelloni pronti in ogni ora del giorno e della notte. Cannelloni! Cannelloni!>>
Con un risotto conquistò la Duse, un risotto alle rose, uno champagne rosé e poi petali di rosa nel letto per profumare l’incontro d’amore. La Divina prima di morire disse di lui: <<Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto perché ho amato>>.
Mi piace chiudere questo mio racconto con un brindisi di poesia. Gabriele d’Annunzio era appena un ragazzo quando lo scrisse ed è prezioso perché quasi inedito, essendo stato appena ritrovato.
Sbornia perfetta
Piena superba
Con l’anisetta
O la centerba.
In alto i cuori !
Eja, alalà.
Questa è la mia ricetta del Parrozzo, dono di un’anziana signora abruzzese, con l’aggiunta del Ratafià. Liquore che si ottiene mettendo al sole a fermentare per 30 giorni in vasi di vetro amarene mature e zucchero. Al composto ottenuto si aggiunge poi del vino rosso ottenuto da uve del vitigno Montepulciano lasciando macerare e agitando ogni giorno, da uno a sei mesi.
- Ingredienti Farina 00 W 210-230 g 60
- Fecola g 60
- Burro g 60
- Uova 5
- Zucchero g 125
- Mandorle dolci sgusciate g 60
- Mandorle amare 12
- Aurum 2 cucchiai
- Ingredienti per la glassatura: Cioccolato fondente 50 % cacao g 150
- Panna qualche cucchiaio
- Scottare le mandole dolci e amare in acqua bollente.
- Sbucciarle, asciugarle, pestarle in un mortaio fino a ridurle in polvere unendo, poco alla volta, due o tre cucchiaiate di zucchero.
- Setacciare insieme farina e fecola.
- Sciogliere il burro senza superare i 40 °C.
- Aprire le uova e separare i tuorli dalle chiare.
- Versare i tuorli in una ciotola, aggiungere lo zucchero rimanente e sbattere fino a montarli, poi, sempre sbattendo unirvi le mandorle pestate, e la farina e la fecola miscelate insieme, a pioggia e poco alla volta, rigirando con un cucchiaio di legno.
- Lavorare l’impasto ancora per qualche minuto, poi aggiungere il burro quasi freddo.
- Montare a neve ben soda gli albumi e aggiungerli all’impasto mescolando delicatamente.
- Unire il liquore Aurum e mescolare pochissimo.
- Versare il tutto in una tortiera imburrata.
- Cuocere in un forno statico preriscaldato a 180 °C per 50 minuti con valvola o portello di carico chiusi.
- Preparazione della glassa
- Sciogliere il cioccolato in bagnomaria caldo ma non bollente.
- Aggiungere qualche cucchiaio di panna e mescolare.
- Quando la temperatura raggiungerà i 30 °C versarla sul Parrozzo ricoprendolo.
- Attendere che la glassa solidifichi e servire.
Che bel post Gabriella, mi è piaciuto molto il fatto che tu l’abbia incentrato sul rapporto con al cuoca Albina, la loro corrispondenza (prevalentemente a senso unico) è interessante e più spesso divertente.
Hai visto che il ratafià non ci sta poi così male?
Grazie per il tuo contributo.
Ilaria
Ho cercato di dare un contributo diverso dal tuo come è giusto che sia, tu sei l’Ambasciatrice.
Ciao!
Articolo molto ricco di fotografie e racconti che non conoscevo, complimenti.
Buona Giornata Nazionale del Parrozzo!
Grazie Camilla.
Molto interessante Gabriella. Non è che alla fine mi farai diventare golosa? Sai che sono sempre curiosa di conoscere e sapere e così leggo con gioia anche la ricetta. Alla fine ingrasserò!!!! Un abbraccio
Ombretta chissà, lo spero, pubblico, penso a te e a mia figlia incorruttibili !
Gabriella bellissimo questo post mi è piaciuto tantissimo, hai raccontato cose per niente scontate si vede la ricerca e la passione per il racconto , complimenti
Grazie Sonia, questa volta amori, passione, cibo, un uomo affascinante e complicato.