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La torta di mirtilli di Sateenkaari

1 Dicembre 2019 by gabriellapravato Leave a Comment

(La mia ricetta per D laRepubblica)

Tutto ha inizio in un giorno lontano, in un paese lontano, dove vivono i piccoli uomini i Sabme. E’ estate, il vento finalmente non soffia più tra i pini ammantati di neve. Ora brillano verdi e alteri al sole che non scompare mai. Le giornate sono lunghe, lunghissime, il tramonto raggiunge l’aurora. Non si ode più il rombo di tuono delle mandrie in movimento, le renne sono al pascolo, mangiano il muschio morbido e i ciuffi di lichene. Le akjas, le slitte a un solo pattino, sono ferme, le famiglie dei Sabme, ora vivono nelle baite costruite in legno di betulla. La vita è dura, il lupo artico di notte minaccia i piccoli delle mandrie. Gli uomini venerano il sole, il tuono e il vento. Lo chaman, stregone e guaritore, ha preparato per loro i talismani per proteggerli dai pericoli sempre in agguato. Sateenkaari, che significa arcobaleno, è gioiosa e colorata come il suo nome. Con la piccola Aurinko, che significa Sole, ha seguito il marito nella transumanza. Le sue abili mani, con le pelli di renna, confezionano vestiti, stivali e coperte. Ogni giorno la donna cucina il pesce pescato nelle acque gelide e limpide del torrente. Se arriva una visita prepara il caffè. In un recipiente di ferro sospeso sul fuoco tosta i chicchi. Li mescola lentamente con un legnetto di betulla. Poi li macina e il profumo inonda la baita. Poi getta la polvere nell’acqua bollente, dopo poco aggiunge un pesce essiccato per trattenere i fondi. Il caffè diviene del colore dell’ambra. Qualche cristallo di sale grosso e la calda bevanda è pronta per essere versata nelle tazze di betulla. Un pezzetto di pan di zucchero e un sorso di caffè, questa è l’usanza dei Lapponi. Ad accompagnarlo, una fetta di torta, morbida, bianca, punteggiata di rosso. Sono mirtilli raccolti nei boschi, accompagnati dalla ricotta di latte di renna. Una delizia del Paese delle renne.

Ingredienti:

  • farina 00 200-220 g 225
  • zucchero semolato g 200
  • burro g 110
  • uova g 160
  • ricotta di pecora g 400
  • lievito g 10
  • vaniglia 1 baccello
  • mirtilli rossi freschi g 150

Passate a setaccio la ricotta. Setacciate insieme il lievito e la farina. Unite lo zucchero e la vaniglia e amalgamate. In una ciotola mescolate insieme la ricotta, le uova fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Unite i due composti. Aggiungete il burro fuso a una temperatura di 40°C. Unite tre quarti dei mirtilli, facendo attenzione a non schiacciarli.

Versate il composto nella tortiera imburrata. Disponete sulla superficie i mirtilli rimasti. Cuocete per circa 50 minuti in un forno statico alla temperatura di 180°C, alla temperatura di 160°C se il forno è ventilato, in presenza di umidità, lasciando chiusi la valvola o il portello di carico. Una volta cotta togliete la torta dallo stampo e servitela appena sarà fredda.

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Le frittelle di Margherita

1 Dicembre 2019 by gabriellapravato Leave a Comment

Correva l’anno 1515 e la bella Margherita, ogni mattina all’alba, attraversando il quartiere Trastevere, andava ad aiutare suo padre al forno. Francesco Luti, detto il Senese per la sua origine toscana, lavorava tutta la notte per sfornare il pane per i trasteverini che, prima di andare a lavorare, si fermavano nella sua bottega. La bella Margherita li accoglieva tutti con un sorriso e instancabile tagliava il pane caldo pronto ad accogliere semplici fette di mortadella. I soldi erano pochi per tutti, si mangiava semplicemente a Roma. Tutti corteggiavano Margherita, ma lei non guardava nessuno, perché aveva un amore segreto. La ragazza amava un pittore e di nascosto posava per lui nel suo sottotetto. Nessuno lo sapeva, sarebbe stato uno scandalo. Galeotte erano state le sue frittelle. A Roma, si sa, il fritto non deve mancare mai e Margherita era famosa per le frittelle di patate. Ogni domenica mattina la ragazza gettava nell’olio bollente palline di pasta lievitata e quando erano dorate le faceva rotolare nello zucchero. I trasteverini accorrevano dopo la Messa per gustarle. Ed era stata proprio una frittella dolce e bollente a suggellare un amore immenso e segreto.

Ingredienti:

  • farina 00 ww 210-230 g 250
  • patate g 250
  • tuorlo g 90
  • burro g 100
  • miele millefiori g 10
  • olio extravergine d’oliva l 1

Lavate e spazzolate le patate. Cuocetele in abbondante acqua. Scolatele ed eliminate la buccia. Schiacciatele con uno schiacciapatate e lasciatele raffreddare. Unite insieme la farina setacciata e le patate. Mettete il composto nell’impastatrice, aggiungete il lievito. Unite il tuorlo e impastate fino a che la massa non diviene elastica. Aggiungete g 50 di zucchero e il miele e infine il burro morbido. Continuate ad impastare.

Quando la massa sarà liscia ed elastica copritela con un canovaccio e lasciatela lievitare fino a quando avrà triplicato il volume. Riprendete la pasta e dividetela in piccoli pezzi da 25 grammi ciascuno. Formate delle palline e mettetele a lievitare fino al raddoppio del volume. Scaldate l’olio alla temperatura di 160 °C. Immergete le frittelle e fatele cuocere fino a che non saranno dorate. Scolatele, eliminate l’olio in eccesso con la carta assorbente, fatele rotolare nello zucchero e servitele.

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Bussolà delle Monache di San Zaccaria

1 Dicembre 2019 by gabriellapravato Leave a Comment

(La mia ricetta per D laRepubblica)

Bussolà, le antiche ciambelle veneziane “inrodola’ a sercio”, a volte dolci, a volte salate e tanto amate a Venezia da essere raffigurate da Francesco Guardi nel bellissimo quadro conservato nel Museo Ca’ Rezzonico,  “Parlatoio delle Monache di San Zaccaria”. Un grande vassoio di ciambelle, le tazze del caffè fumante, le suore a capo scoperto in abito scollato e un’atmosfera allegra e conviviale, molto lontana dalla vita contemplativa e di preghiera che dovrebbe essere quella monastica. Ma a quel tempo, come racconta anche Alessandro Manzoni, nel suo libro “I Promessi Sposi”, non era la vocazione, ma la necessità di non frazionare il patrimonio della famiglia, che portava i giovani delle ricche famiglie a chiudersi in convento e in monastero. Tornando ai Bussolà, erano i dolci della colazione del mattino, ma anche il pane del pranzo e della cena. Ancora oggi, a Chioggia, il buzzolà marinante è simile ad un grosso grissino salato, a Burano invece è una ciambella dolce, gialla, che profuma di vaniglia. Una ciambella che a Pasqua diviene grande e decorata, e a Natale, a Murano, scurisce per la presenza del cioccolato fondente e profuma di melassa. Dolce questo, forse destinato a scomparire, per la scelta delle donne del luogo di mantenere la ricetta gelosamente segreta. Tanto altro si potrebbe scrivere seguendo la storia e il profumo di vaniglia di queste deliziose ciambelle, ma ora vi invito a provarle, la ricetta è molto semplice.

Ingredienti:

  • farina 00 w 160-180 g 250
  • zucchero a velo g 125
  • burro g 120
  • tuorli 3
  • vaniglia 1 baccello
  • buccia grattugiata di limone 1
  • maraschino 1 cucchiaino
  • sale 1 pizzico

Ammorbidite il burro e lavoratelo senza montarlo, unite lo zucchero a velo, i tuorli leggermente sbattuti, la vaniglia, la buccia grattugiata del limone, il sale e il Maraschino. Lavorate il tutto senza montare fino ad ottenere un impasto omogeneo e liscio. Unite la farina setacciata lavorando il composto solo fino a quando questa sarà assorbita. La massa dovrà essere compatta e omogenea.

Mettetela in frigorifero per un’ora. Terminato il riposo riprendete l’impasto e dividetelo formando delle ciambelle. Sistematele su teglie antiaderenti o su carta da forno, infornatele alla temperatura di 200° C per 15 minuti, poi abbassate la temperatura a 150 °C per altri 10 minuti. Sfornate le ciambelline ancora morbide e leggermente dorate, si induriranno raffreddandosi. Lasciatele raffreddare su una gratella da pasticceria.

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Tozzetti con le nocchie

1 Dicembre 2019 by gabriellapravato Leave a Comment

(La mia ricetta per D laRepubblica)

Oggi andiamo in terra etrusca nella Tuscia. Là dove il popolo dei Rasna visse in armonia con la natura tra il 720 a.C. ed il 580 a.C. oggi si estende la Maremma Laziale. Una terra dai dolci pendii colorata di verde in ogni sua sfumatura. Oliveti, noccioleti, lecci, mirti e lentischi e una cucina semplice che si tramanda di madre in figlia, immutata nel tempo. Tanti dolci con le “nocchie” perché ogni famiglia ha le sue piante, spesso nel giardino dietro casa. Biscotti semplici, “bis cotti”, cotti due volte, per farli biscottare, tagliati in tralice, come la tradizione vuole. Buoni anzi buonissimi da “bagnare” nel latte, ma anche nel vino a fine pranzo.

Ingredienti:

  • farina 00 w 160-180 g 500
  • zucchero semolato g 450
  • nocciole sbucciate e tostate g 300
  • uova g 200
  • tuorli g 85
  • gocce di cioccolato g 250
  • vanigilia 1 baccello
  • bicarbonato di ammonio g 2

Tritate grossolanamente le nocciole. Impastate insieme lo zucchero, le uova e i tuorli. Unite la farina e il bicarbonato di ammonio setacciati insieme. Aggiungete la vaniglia, le nocciole e le gocce di cioccolato. Con la pasta ottenuta formate dei cordoni del diametro di 2 cm circa.

Fateli cuocere nel forno caldo a 200 °C per 15-20 minuti. Quando saranno cotti tagliateli in diagonale con un coltello a sega allo spessore di cm 1,5. Adagiateli nuovamente sulle teglie e tostateli in forno alla temperatura di 170-180 °C, girandoli da entrambe i lati, finché non avranno preso un bel colore dorato.

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Marmellata di limoni

18 Aprile 2017 by gabriellapravato Leave a Comment

(La mia ricetta su D laRepubblica)

Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni
una mite brezza spira dal cielo azzurro,
la conosci tu forse?
Questi sono alcuni versi di Johann Wolfgang Von Goethe.
Il limone, concentrato di sole, fiorisce e dona i suoi frutti dalla polpa profumata e succosa in tante regioni italiane. Diverse sono le sue varietà: il Liscione, il Femminello comune o di Sorrento, il Femminello sfumato o limone di Amalfi, l’Arancino, il Lunario e il Monachello.
Originario dell’India si diffuse, prima molto lentamente, in tutta l’Asia, poi i popoli ebraici lo portarono in Palestina. Da qui, attraverso l’Africa, giunse in Europa. Amato dai Romani, che lo raffigurarono in mosaici e dipinti, nelle case di Pompei ed Ercolano, era detto “melo di Media o di Persia” e poi, in seguito, “citrus”.
Simbolo di fecondità, utilizzato soprattutto a scopo terapeutico, cominciò ad essere adoperato in cucina solo dal XVIII secolo. Ingrediente per torte, creme, sorbetti e soprattutto marmellate.
Secondo la normativa europea, il termine marmellata indica la mescolanza gelificata di zuccheri e agrumi, e la percentuale di frutta deve essere almeno del 20%.
Inutile dire che il sapore della marmellata di limoni è molto particolare, ottima nelle crostate, ma anche per accompagnare, in modo insolito, i formaggi stagionati.

Ingredienti:

  • limoni biologici kg 1
  • zucchero kg 1

Lavate i limoni e spazzolateli sotto l’acqua corrente. Metteteli, con la buccia, in una casseruola, copriteli con dell’acqua e fateli cuocere a fuoco dolce fino a quando pungendoli con una forchetta questa penetrerà facilmente. Eliminate l’acqua di cottura. Aggiungete nuova acqua fredda e lasciate i frutti a bagno per 48 ore rinnovandola spesso. Scolate i limoni e pesateli. Prendete lo stesso peso di zucchero, unitevi dell’acqua in proporzione di ¾ di litro per ogni Kg di zucchero.

Con acqua e zucchero preparate uno sciroppo a 28° controllando il grado di cottura con il pesasciroppi. Tagliate i limoni a spicchi, eliminate i semi, unite lo sciroppo e lasciateli riposare 48 ore. Scolate i limoni raccogliendo lo sciroppo in una casseruola, portate sul fuoco e aggiungete lo zucchero necessario per portarlo a 30°. Affettate finemente gli spicchi di limone.

Uniteli allo sciroppo e fate bollire fino a quando non si sarà formata “la nappe”, vale a dire fino a quando  il composto velerà il cucchiaio staccandosi lentamente in grosse gocce. (La marmellata sarà pronta quando raggiungerà  i 105° C.) Versate subito la marmellata in vasetti di vetro sterilizzati. Chiudeteli ermeticamente e capovolgeteli lasciandoli raffreddare. Trascorso il tempo di riposo conservateli al buio in un luogo fresco e asciutto.

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Gabriella

È inevitabile che vi racconti un po’ di me, mi chiamo Gabriella Pravato, vivo a Roma e ho una grande passione, il cibo. Il cibo è molte cose insieme... Leggi di più...

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