Dulcis

La grammatica dei sapori.

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VITO GIRONE L’OLIO GANGALUPO MONOCULTIVAR DI CORATINA

28 Luglio 2020 by gabriellapravato Leave a Comment

-L’unione fa la forza e la mia vita è laggiù- questo deve aver pensato l’ingegnere Vito Girone, chino sul tavolo di progettazione nella operosa, fredda, aristocratica Torino. Laggiù in terra di Bari dove i mandorli ondeggiano al vento lievi come veli da sposa, dove gli olivi argentei si specchiano nella luna, dove nasce un olio dall’amaro potente e dal piccante deciso che piace tanto ai veri gourmet. Così un treno l’ha riportato dalla sua famiglia. per continuare, insieme a suo fratello Luigi, il lavoro che fu prima di suo nonno e poi di suo padre, per continuare a produrre l’olio monovarietale di Coratina.  

Vuoi presentarmi la tua Azienda in poche parole?

L’Azienda si trova a Bari Santo Spirito, a circa 2 km dal mare, sul litorale adriatico, completamente in pianura. E’ nata agli inizi del 900 con mio nonno che poi l’ha lasciata a mio padre. Oggi abbiamo 20 ettari di olivi, circa 4000 piante, delle quali il 70% sono secolari e 20 ettari coltivati ad ortaggi. Abbiamo anche un terreno ricevuto in eredità da mio nonno dove abbiamo piantato nuovi olivi, sempre di Coratina, non intensivo, 7 metri per 7, con un nuovo impianto di irrigazione. E’ un’Azienda a conduzione familiare che gestiamo io, mio padre, mia madre e mio fratello Luigi. Della parte produttiva si occupano mio padre con la sua esperienza di agricoltore, con quaranta anni di lavoro alle spalle e mio fratello, che è laureato in Scienze Ambientali e Forestali. Mia madre, pur essendo figlia di agricoltori, si occupa oggi molto meno, rispetto al passato, del lavoro in Azienda.  Io mi occupo della parte commerciale, della gestione dei clienti, della contabilità e del marketing. Partecipo anche alla raccolta e ad alcune operazioni della parte produttiva.

Siete imprenditori agricoli da anni, ma quando nasce il progetto dell’olio GangaLupo?

Nasce due anni fa, allora vivevo a Torino, dove lavoravo dopo la laurea in ingegneria. Tornato in Puglia per un weekend a Lecce con degli amici, ed essendo io da sempre appassionato di olio, avevo acquistato, in un negozietto, una bottiglia bellissima dal punto di vista grafico, molto costosa, convinto di trovare un olio di qualità. Ma non era stato così, all’assaggio l’olio era risultato deludente. Così era nata l’idea di provare io a produrre quell’olio che avevo cercato in quella bottiglia. Da lì il ritorno a casa, la scelta del Dott. Alfredo Marasciulo come consulente e la nascita del nostro olio GangaLupo.

Tu sei tornato per inseguire un sogno o sei partito per inseguire un sogno?

Sono tornato per una rivalsa personale, per dimostrare a me stesso che anche nella nostra terra ci sono delle opportunità di lavoro e che spesso siamo noi che non vogliamo affrontare i problemi. Lavoravo a Torino in uno studio di ingegneria, un ottimo lavoro, un contratto a tempo indeterminato, vivevo molto bene, ma non mi bastava, sentivo la necessità di fare qualcosa di più nella vita. Così sono tornato indietro, sui miei passi, convinto di potermi realizzare, di poter crescere dal punto di vista personale e professionale anche nell’Azienda di famiglia. D’accordo con mio fratello Luigi abbiamo deciso di fare qualcosa di diverso, di nuovo. Oggi lavoriamo insieme, ci supportiamo, ci appoggiamo l’un l’altro.

Tuo padre è contento delle scelte di voi figli?

Assolutamente sì, ma ci ha sempre lasciati liberi, non ci ha mai condizionato. Anche quando sono andato a Torino a studiare ingegneria, non mi ha mai detto di non andare e di rimanere in Azienda.

Olio Ganga Lupo, come nasce questo nome?

L’olio prende il nome da una delle contrade dove si trovano i nostri oliveti, la Contrada Ganga di Lupo. Il nostro logo è una doppia goccia. La parte superiore, rivolta verso l’alto, in verde, rappresenta la parte produttiva dell’Azienda, quindi mio padre, mia madre e mio fratello. Mentre la parte di goccia rivolta verso il basso, di colore grigio, come il dente del lupo, dal quale prende il nome, rappresenta me, la parte commerciale.

Quanto olio producete ogni anno?

La nostra Azienda è giovane, siamo partiti due anni fa, quindi non abbiamo raggiunto la nostra massima capacità produttiva e vendiamo ancora parte delle nostre olive. Lo scorso anno abbiamo prodotto 70 quintali, la nostra capacità produttiva potrà essere di 150/200 quintali.

Vuoi farmi l’analisi sensoriale dell’olio GangaLupo?

E’ un monovarietale di Coratina. Un fruttato medio intenso che all’assaggio esprime decisi toni di amaro e piccante con toni di carciofo, mandorla verde ed erbe aromatiche. All’olfatto si esprime con sentori erbacei molto pronunciati. Suggerisco, per un abbinamento insolito,  di provarlo su un battuto di gambero o di farne un gelato al gusto di olio extravergine di Coratina.

La scelta di una monocultivar di Coratina porta una resa in olio piuttosto elevata, quasi il doppio delle altre varietà, ma nella pratica è effettivamente così?

No, non è proprio così, con la Coratina si può ottenere anche il 18%, ma ne risente la qualità dell’olio. Noi che, raccogliamo olive verdi e facciamo un’estrazione a freddo, otteniamo solitamente il 12%, due anni fa 11,50%.

Siete in biologico?

Non lo siamo, ma operiamo come se lo fossimo, non abbiamo però la certificazione bio. Cerchiamo di ottenere il giusto compromesso tra la salvaguardia della natura e la massima produzione. Aiutiamo i cicli biologici senza forzarli.

Giovanni Pascoli ha scritto che l’olivo per crescere non ha bisogno che di aria, sole e tempo. Aria?

Sì il vento. Durante l’impollinazione il vento è fondamentale. Lo sono le correnti ascensionali da nord verso sud che permettono lo sviluppo del bozzo, quindi del fiore.

L’olivo va nutrito? Voi concimate?

Sì, utilizziamo concime organico a seconda della richiesta di ogni pianta. Se lo stato vegetativo dell’albero è perfetto non interveniamo.

Qual è il vostro sistema di raccolta?

Manuale, con l’ausilio di scuotitori a mano. Effettuiamo la raccolta nel mese di novembre o comunque quando le olive sono invaiate per il 10%. La molitura viene effettuata entro tre ore dalla raccolta, ad una temperatura che oscilla tra i 22 e 24 °C. Imbottigliamo sotto azoto.

Nella produzione qual è il momento in cui non è possibile sbagliare?

Quando si sceglie il periodo di raccolta.

Quando passeggi nei tuoi oliveti che sensazioni provi?

Ripenso a mio nonno e vedo quanto lavoro ha fatto mio padre. Quando ero bambino, d’estate, andavo con mio padre negli oliveti, ma quando ero lì mi annoiavo e volevo andare a giocare e allora mio nonno mi diceva: <<Se tu vai a giocare prima o poi non potrai più mangiare>>. Con il passare degli anni ho capito il significato di quelle parole. Mio nonno e mio padre mi hanno trasmesso quelli che sono i veri valori della vita. Guardandoli lavorare assimilavo, senza percepirlo, una cultura. Sono stati per me un punto di riferimento.

La tavola imbandita è come un foglio bianco sul quale è scritta una storia. Proviamo a leggere, sei un bambino, sei a casa, siamo d’estate è sera, è arrivato il momento di mettersi a tavola, chi c’è con te? Cosa c’è su quel tavolo? Continua tu…

Intorno al tavolo ci siamo io, mia madre, mio padre e mio fratello Luigi. Sul tavolo c’è una bottiglia di olio fatto da mio padre, ma è molto diverso da quello che produciamo oggi. I sentori non sono chiari, non si riescono a percepire le caratteristiche della Coratina. La raccolta non è avvenuta al giusto grado di maturazione, la frangitura non è stata effettuata correttamente. Sul tavolo c’è l’insalata con la rucola, le cicorielle e tante verdure lesse che sono la base della nostra alimentazione e che sono pronte per essere condite con l’olio di mio padre.

La Coratina è sì produttiva, ma ha rese alternate a seconda delle stagioni, come ovviate?

La nostra è una produzione omogenea e alternata. Ogni anno abbiamo 10 ettari di carica e 10 ettari di scarica. Per scelta aziendale non interveniamo sui cicli biologici della pianta. In futuro vorremmo utilizzare i droni per effettuare la mappatura termografica, per monitorare lo sviluppo delle piante negli anni, il loro apparato radicale. Vorremmo anche installare una stazione metereologica.

Quanto effettuate la potatura e quale tecnica applicate?

Iniziamo subito dopo la raccolta, verso la metà del mese di gennaio e la concludiamo agli inizi del mese di marzo. Non utilizziamo una tecnica specifica, ma adattiamo la potatura a seconda dell’albero. Cerchiamo, ogni anno, di ringiovanire le nostre piante senza utilizzare una tecnica invasiva. Abbiamo una squadra di operai che lavora per noi da dieci anni, che sa come operare.

La Coratina è sensibile al Cicloconio o Occhio di pavone, i vostri oliveti sono mai stati attaccati?

Sì, siamo stati attaccati. L’Occhio di pavone credo che sia un fungo impossibile da debellare totalmente, ma si può controllare con un trattamento biologico a base di rame. Subito dopo la raccolta mio fratello Luigi controlla le piante immergendo alcune foglie nella soda. Se il fungo è presente si formeranno degli aloni e si procederà al trattamento. Nelle prime settimane non è possibile vederlo, ma poi con il passare del tempo le foglie cominciano ad ingiallire e poi a cadere.

Il vostro olio va all’estero? Quale Paese lo ama di più?

L’olio GangaLupo va all’estero. E’ molto apprezzato soprattutto dal mercato tedesco, che ama molto l’olio di qualità.

Questa, che annata sarà?

Sarà un’annata media per quantità di olive, ma non perché vi sono stati eventi metereologici avversi, ma solo perché, lo scorso anno, è stato un anno di grande carica in tutti i nostri oliveti.

Olio GangaLupo, ortaggi e poi?

Poi il pesto. In collaborazione con uno dei nostri clienti il Pastificio Reale, che utilizza canapa biologica in molte delle sue preparazioni, abbiamo creato un pesto dal sapore molto particolare e nutrizionalmente corretto. E’ fatto di semi di canapa, mandorle, basilico, passata di pomodoro e olio GangaLupo. La canapa biologica arriva dal Piemonte, le mandorle e l’olio sono di nostra produzione. La canapa contiene Omega3 e Omega6, l’olio contiene polifenoli quindi antiossidanti, le mandorle contengono proteine. Il basilico contiene fibre e insieme alla passata di pomodoro dà sapore alla preparazione. Ci è voluto un anno per creare il nostro pesto. Abbiamo fatto innumerevoli prove di laboratorio. E’ in commercio da tre mesi in enoteche, gastronomie e viene venduto anche attraverso gli stessi canali del nostro olio.

Un sogno nel cassetto?

Riuscire a creare un’Azienda 4.0, completamente tecnologica, ma anche che rispetti i cicli della natura.

Se dovessi fare una richiesta alla Ministra Bellanova, pugliese come te, cosa le chiederesti?

Di tornare in Puglia, di rimanere un mese e di entrare nei campi per capire quelle che sono le problematiche dell’agricoltura oggi. Se lo Stato mi desse un aiuto economico e finanziario potrei crearla ora la mia Azienda 4.0, invece di attendere anni. La mancanza di finanziamenti mirati e dettagliati spesso genera arretratezza. In Italia non esiste un progetto di rilancio dell’agricoltura, simile a quello applicato in Spagna già dieci anni fa.

Filed Under: Un filo d'olio

CARMELA TURNATURI E LA NOCELLARA DEL BELICE

12 Luglio 2020 by gabriellapravato Leave a Comment

Nella culla della Magna Grecia, Carmela Turnaturi ha fatto ritorno. E’ tornata in quei luoghi dove leggenda, storia e civiltà si fondono, dove i terreni sono spesso aspri e aridi, ma dove l’olivo, caro alla dea Athena, porta ricchezza. E’ tornata per placare la nostalgia di quel mare verdeazzurro, scintillante, impetuoso, immenso. Ogni giorno, quando lascia camice e provette, entra nel suo oliveto e ripetendo gli antichi gesti, quelli del suo papà, produce l’olio caro a Plinio, l’olio di Nocellara del Belice.

Vuoi presentare la tua Azienda?

L’Azienda Agricola Carmela Turnaturi, che porta il mio nome, nasce nel 2015 alla morte di mio padre. Si trova sulla costa sud occidentale della Sicilia, in provincia di Trapani a 7 Km da Castelvetrano e a 5 Km dal Parco Archeologico di Selinunte. Duemila olivi di Nocellara del Belice centenari, trecento alberelli piantati solo quattro anni fa che, lo scorso anno, hanno avuto una buona produzione e anche alcune piante di Cerasuola e di Biancolilla. Quest’ultima lo scorso anno è stata molita in purezza creando una nuova etichetta.

Dentro una bottiglia di olio si nasconde sempre una storia da raccontare. Una storia di uomini, di donne e di olivi. Vuoi raccontarmi la tua?

L’Azienda è nata con mio padre. A 18 anni era partito per l’Australia e lì era rimasto per 12 anni, senza ritornare in Italia, lavorando duramente in modo quasi continuativo, dormendo solo cinque ore per notte, facendo diversi lavori. Ritornato in Sicilia, pensando però di ripartire dopo breve tempo, aveva conosciuto mia madre e aveva cambiato i suoi progetti. Con quello che amava definire “un bel gruzzoletto”, guadagnato in Australia, e con la dote di mia madre, aveva acquistato questi terreni. Oggi, quando penso a lui, spero sia orgoglioso di noi. Spesso diceva: “Quando morirò io finirà tutto, perché voi venderete e io non voglio vedere tutto questo”. Invece, io, le mie sorelle, e mio fratello che vive a Modena e del quale gestisco i terreni, abbiamo deciso e di non vendere e di continuare l’attività di mio padre.

Carmela Turnaturi olivicoltrice, un’azienda tutta al femminile la tua?

Non proprio, condivido con mio marito Paolo questa mia passione. Senza di lui non sarei riuscita a portarla avanti. Lui è un biologo come me, sono tanti gli interessi che ci legano.

Cos’è cambiato da quando l’Azienda era di tuo padre?

Mio padre aveva prediletto la produzione di olive. La Nocellara è molto ricercata come oliva da mensa e da aperitivo. Produceva anche olio, ma in piccola quantità, senza un’etichetta. Io e mio marito Paolo abbiamo deciso, non solo di continuare la vendita delle olive all’ingrosso, e di creare dei paté, ma soprattutto di imbottigliare il nostro olio, dandogli un nome.

Avete dato al vostro olio un nome evocativo, come lo avete scelto?

La nostra Azienda sorge a pochi chilometri dal Parco Archeologico di Selinunte e sette erano i Templi di ordine Dorico della colonia greca di Occidente, dei quali uno solo è stato ricostruito. Da qui il nome Sette Templi e sull’etichetta una colonna dorica stilizzata.

Vuoi farmi l’analisi sensoriale di Sette Templi?

Sette Templi è un monocultivar di Nocellara del Belice. Un fruttato medio che all’assaggio esprime toni di amaro e piccante ben dosati e in equilibrio con note di pomodoro, carciofo e mandorla verde. All’olfatto si esprime con sentori di erba falciata. Suggerisco di provarlo su una caprese, sulla Caponata, sul pesto alla trapanese, ma anche sul gelato alla vaniglia e sul cioccolato fondente.

Hai mai lavorato con tuo padre? Ti ha visto olivicoltrice oltre che biologa?

Purtroppo no! E’ mancato prima, ma so che mi guarda da lassù e mi piacerebbe sapere cosa ne pensa. Ha gestito tutto lui fino alla sua morte, ha voluto che noi, i suoi figli, studiassimo, perché lui non ne aveva avuto la possibilità. Aveva con questa campagna un rapporto di amore e odio. Questi olivi erano un po’ come i suoi figli, ma aveva anche dei momenti di risentimento dovuti alla difficoltà di fare imprenditoria in Sicilia. Per noi continuare il suo lavoro è stata una scelta che abbiamo fatto per passione, avremmo potuto vendere, per lui no, suo padre già da bambino lo portava in campagna a lavorare.

Cos’è per te questo oliveto?

Un’oasi di pace dove io e mio marito veniamo quando siamo liberi dagli impegni lavorativi, perché la nostra occupazione principale ancora non è quella degli olivicoltori.

Cos’è per te intimamente l’olio?

L’olio è l’attesa, è il frutto di un anno di lavoro, è una festa. E’ il ricordo della mia infanzia, di mio padre che diceva: <<Stasera usciamo l’olio>> e si andava tutti al frantoio e si assaggiava il nuovo olio sul pane fresco.

Che tipo di raccolta effettuate?

La nostra è una raccolta manuale, che è sì costosa, ma permette alle nostre olive di arrivare al frantoio intatte, senza ammaccature e completamente prive di foglie. Inoltre le piante non subiscono alcun trauma, contrariamente a quanto avviene con la raccolta meccanica. Partecipiamo noi della famiglia e a seconda delle annate ci avvaliamo della collaborazione di sette operai.

Qual è il momento migliore per la raccolta?

Raccogliamo la prima settimana di ottobre, molto precocemente quando le olive sono del tutto verdi. Così otteniamo un olio che conserva tutti i suoi aromi ed è ricco di polifenoli quindi di tutti quegli antiossidanti che fanno bene alla salute. In questa zona alcuni produttori raccolgono a metà novembre. La sovra-maturazione porta a un aumento di resa in olio, ma ad un appiattimento del profilo aromatico. Con la raccolta precoce produciamo un olio di qualità, lo confermano le analisi alle quali viene sottoposto quando partecipiamo ai concorsi e viene inserito nelle guide del settore oleario.

Allora come si fa ad ottenere un olio di qualità? Qual è il momento in cui non è possibile sbagliare?

Tutti i passaggi sono fondamentali, ma il momento più importante credo sia la molitura. Paolo è presente al frantoio e segue ogni fase, dal cambio dell’acqua per il lavaggio delle olive alla misurazione della temperatura.

La pianta di olivo va nutrita? Voi concimate?

Sì concimiamo. Avendo aderito al piano di riduzione dei fitofarmaci, ogni tre anni utilizziamo lo stallatico di pecora, tutti gli anni spargiamo i rami più piccoli della potatura trinciati e seminiamo il favino che viene poi tagliato e diviene concime organico. Nel tronco di un nostro olivo c’è, da anni, un alveare di api nere sicule, questo dimostra la salute dei nostri terreni. Ci avvaliamo della consulenza di un agronomo, dobbiamo rifarci al passato, ma con lo sguardo rivolto al futuro, noi poi abbiamo bisogno di essere seguiti, perché quando mio padre era in vita la campagna era per noi solo il luogo dove andare a villeggiare.

Questo che anno sarà?

Poteva essere migliore, non è un’annata ricca. Nel mese di maggio una settimana di forte vento di scirocco ha fatto cadere parte delle inflorescenze. Lo scorso anno abbiamo perso il 40% del raccolto a causa della pioggia caduta sempre nel mese di maggio, che non ha favorito all’allegagione. Purtroppo, in campagna è così, gli eventi atmosferici sono indomabili.

Si può vivere facendo gli olivicoltori?

Sì, ma il lavoro è tanto e il guadagno è poco e può anche essere inesistente se le condizioni climatiche sono avverse. Mio padre ci è riuscito, ha allevato quattro figli, ma ora che l’azienda è mia capisco tanti suoi piccoli malumori…

Perché in Italia la produzione di olio di qualità è costosa e i ricavi sono bassi?

Semplicemente perché le spese sono tante. Noi spendiamo molto per la potatura, le squadre sono poche ed è una competenza che si sta lentamente perdendo. E’ molto costosa anche l’irrigazione del periodo estivo e poi la manodopera necessaria per la raccolta.

Ora ti invito ad andare indietro nel tempo, è estate, sei una bambina, è ora di cena, raccontami…

Siamo in campagna nei nostri oliveti, dove stiamo trascorrendo l’estate. Sono con i miei genitori, le mie due sorelle e mio fratello, mia madre ci chiama ad assaggiare, dal suo forno a legna sono usciti i biscotti, le pizze, il pane. Sul pane caldo versa il nostro olio e noi bambini felici lo mangiamo.

Progetti futuri?

Terminare la sala degustazione alla quale stiamo già lavorando. Crediamo nell’olioturismo, siamo vicini al Parco di Selinunte, vorremmo accogliere coloro che vanno a visitarlo e fargli trascorrere qualche ora nel nostro oliveto assaggiando il nostro olio.

Un sogno nel cassetto?

Vorrei che i miei figli che, come ho fatto io, stanno studiando a Modena, tornino a vivere in Sicilia e che questi oliveti non vadano venduti. Vedremo…io amo dire che nella vita si sa dove si è nati, ma non si sa dove si muore.

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OLIO TOSCANO IGP STRATEGIE DI RIPRESA DOPO LA PANDEMIA

6 Luglio 2020 by gabriellapravato Leave a Comment

Riprendere le iniziative promozionali, appena le disposizioni del Governo lo permetteranno e alzare il livello di tutela. Queste sono le strategie per la ripresa dopo il Covid 19 previste dal Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva Toscano IGP, comunicate alla stampa dal Presidente Fabrizio Filippi.

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NICOLA SELMIN L’ENOLOGO DELL’AZIENDA IL PIANZIO DI GALZIGNANO TERME – PADOVA

16 Giugno 2020 by gabriellapravato Leave a Comment

I Colli Euganei, il cuore del Veneto, quello operoso, accogliente, semplice e cordiale. Dolci pendii e mille colori. La caligine grigia del letargo autunnale, il verde luminoso della primavera che sembra sempre tardare, il giallo accecante dell’estate che con un soffio vola via e l’autunno, che si tinge ogni volta di bruno, di giallo e di rosso. Sui Colli, a Galzignano, vive e lavora Nicola Selmin, che a Il Pianzio è il nuovo che avanza facendo tesoro e rispettando il passato. Produttore di vini, lentamente, vendemmia, dopo vendemmia, racchiude in ogni bottiglia emozioni e colori, mentre insieme alla famiglia tutta, riceve, racconta e invita a brindare, perché nel Veneto si usa far così.

Vuole raccontarmi la storia della vostra Azienda in poche parole?

Fine anni ’80, il lungimirante nonno Eugenio lascia le redini di una piccola azienda agricola ai figli Vittorio e Guglielmo. Da qui ha inizio la storia de il Pianzio di Selmin, azienda vitivinicola a conduzione familiare che si tramanda da tre generazioni. Il passaggio di testimone ha fatto sì che un’azienda agricola “generica” o multiculturale, si specializzasse nel settore della viticoltura e nell’enologia. Guglielmo con il tempo ha ridisegnato il volto dei vigneti: sistema di allevamento, potature più accurate e un diradamento delle uve per una resa qualitativa sempre maggiore. Vittorio, invece, ha diretto la sua orchestra in cantina. Ricordo infatti che da piccolo mi diceva che andava ad ascoltare le botti… Successivamente le rispettive mogli, Marzia e Mariagrazia, hanno iniziato a curare la promozione con manifestazioni ed eventi legati al vino, con l’accoglienza in azienda e con l’allestimento di un punto vendita e di degustazione per enoturisti. Infine io, l’ultimo arrivato, dopo la laurea in enologia a Conegliano e un po’ di esperienza all’estero, per la passione che tutti mi hanno trasmesso, ho scelto di rimanere in azienda. In sintesi, la cura per la viticoltura e la meticolosità nella trasformazione delle materie prime, si trasformano in quello che più ci rappresenta, i nostri vini.

Siete anche produttori di olio, vuole raccontarmi la storia dei vostri oliveti?

Come ho detto, la nostra azienda, agli albori, era multiculturale e tra le varie colture c’era l’olivo. Come tradizione, sui Colli Euganei, gli olivi venivano piantati nelle parti più impervie, a sostegno delle rive o dove altre colture non avrebbero resistito. Nonno Eugenio ci raccontava che, sin da piccolo, ricordava grandi olivi, ormi centenari, che segnavano i confini delle proprietà dei vari contadini. I nostri olivi sono quasi tutti secolari, coltivati lungo le pendici della “Valle del Pianzio”, alcuni ancora al centro dei vigneti, una volta utilizzati come sostegno per i filari. Ad oggi abbiamo circa 800 piante delle cultivar più tipiche del territorio: Frantoio, Leccino, Pendolino e Rasara, la varietà autoctona più rinomata. Nell’ultimo periodo, segnato dall’avvento della Xylella fastidiosa, il territorio dei Colli Euganei è stato preso in esame da diversi esperti per analizzare la cultivar di Rasara, in quanto risulterebbe più resistente all’attacco del batterio killer degli olivi. Sempre dai ricordi del nonno, ci veniva raccontato, che un tempo, l’olio prodotto veniva consumato esclusivamente dalla famiglia e ogni nucleo familiare aveva la sua produzione di olio personale. Oggi molte cose sono cambiate ma, la cultura dell’olivo è rimasta estremamente radicata nel territorio. Una maggior cura della gestione delle piante, una scelta più accurata dell’epoca di raccolta e i nuovi frantoi con molitura a freddo hanno fatto migliorare notevolmente la qualità dell’olio extravergine di oliva euganeo. Negli ultimi anni, infatti, le caratteristiche organolettiche del nostro olio spiccano e lo rendono particolarmente accattivante.

Vuole farmi l’analisi sensoriale del vostro olio e spiegarmi a quali cibi si accompagna?

Le sensazioni olfattive sono caratterizzate da un fruttato medio con note di mandorla e cardo. A livello gustativo si percepisce una piacevole nota amara molto delicata che evolve dopo la deglutizione in un leggero piccante che spicca al retrogusto. Il profumo delicato e il suo sapore puro é in grado di esaltare il gusto di ogni pietanza, senza mai coprirne i sapori. Noi lo consigliamo esclusivamente a crudo per rendere il sapore delle vellutate di verdure più deciso. Da provare assolutamente con una battuta di manzo al naturale o sul pesce crudo. Una chicca, alla quale noi non riusciamo a rinunciare, un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino, con l’olio novello appena franto.

Tornando al vino quante persone lavorano da voi?

 La nostra è un’azienda a conduzione familiare, composta di cinque persone, ognuna delle quali ha un suo ruolo ben preciso, ma allo stesso tempo interscambiabile in base alle necessità aziendali. La gestione dei vigneti tuttavia richiede, per alcune lavorazioni, manodopera aggiuntiva, in particolare per la potatura secca e verde, ma soprattutto per la vendemmia, che continuiamo a svolgere manualmente, in questo caso ci appoggiamo a dei lavoratori stagionali del territorio.

Quante bottiglie producete ogni anno?

Abbiamo una produzione annua di circa 90.000 bottiglie con un trend di crescita positivo. La nostra azienda è cresciuta a piccoli passi nel tempo e per questa ragione continuiamo anche a produrre e vendere del vino sfuso come da tradizione, in proporzione è circa il 40% del vino prodotto. In questo modo abbiamo il vantaggio di scegliere solo le uve e i vini migliori da destinare alle bottiglie.

Il vino richiede tempi lunghi. Produrlo è quasi un atto d’amore, occorre una grande motivazione, perché tanti possono essere gli ostacoli, qual è la sua? Cosa la spinge a continuare a lavorare nell’Azienda di famiglia?

Rispondere a questa domanda è nello stesso tempo facile e difficile. Sono cresciuto a stretto contatto con la realtà aziendale e la passione è cresciuta assieme a me. Il nostro è certamente un lavoro che richiede molta passione e sacrifici. A volte, gestire un’azienda vitivinicola come la nostra è una sfida e, per questa ragione, estremamente stimolante. L’aspetto vitivinicolo ti porta ad amare e conoscere profondamente ogni vigneto e i vini che ne derivano. Vedendoli evolvere lentamente nel tempo, in qualche modo si finisce per considerare ogni bottiglia come una propria creazione. Impossibile farne a meno. Lo stesso vale anche per la gestione dell’azienda, un passo dopo l’altro si vedono i risultati dati da anni di impegno e la conseguenza è che non riuscirei a vedermi altrove.

Lei rappresenta in Azienda la nuova generazione, che cosa è cambiato da quando ha iniziato ad essere l’enologo della cantina?

Dal punto di vista tecnico ho iniziato a curare in maniera diversa le vinificazioni e l’affinamento dei vini, ovviamente seguendo le orme e i consigli di mio padre. Non trovo sia corretto stravolgere tutto il lavoro fatto precedentemente e ritengo che un confronto aperto tra le varie generazioni sia la chiave vincente per trovare nuove soluzioni e migliorare nel tempo. Poi in questo lavoro non si smette mai di imparare quindi anche in futuro ci saranno altri cambiamenti.

L’acqua è vita, il vino è cultura. Assaggiando i suoi vini si scopre l’Italia. Cosa raccontano i vini che producete del Veneto?

La nostra cantina è collocata nel cuore dei Colli Euganei, una piccola isola verde al centro della pianura del Veneto. Si tratta di un innalzamento della placca tettonica data da antiche esplosioni vulcaniche che ne infondono la caratteristica forma a cono e un suolo minerale estremamente variegato. Posizionati alla stessa latitudine di Bordeaux, a poco più di 50 km dal mare, i Colli Euganei sono una zona estremamente vocata per la viticoltura, anche se ancora poco conosciuti. I vini rossi, prevalentemente bordolesi, spiccano per la consistenza e i profumi intensi e speziati, ma quello che infonde maggiormente il territorio è una lunga longevità. Per quanto riguarda i vini bianchi i nostri vigneti sono esposti prevalentemente a sud est, questo favorisce una espressione aromatica molo ricca, in particolar modo nel Fior d’arancio, mantenendo tuttavia un’ottima sapidità e freschezza.

Preferisce stare più in vigna o in cantina?

Personalmente preferisco la cantina, anche se la vigna è sempre molto affascinante.

Italy, Euganean Hills, Nonno Eugenio takes a rest during the harvest of Merlot 2016, which prospects to be a very good year for full – bodied red wine

La data della vendemmia è sempre stata, in passato, motivo di gioia, ma anche di preoccupazione, perché era difficile stabilire il momento giusto. Oggi si riesce ad essere infallibili? Che accade al vino se si sbaglia?

Oggi è molto più facile stabilire l’epoca di raccolta corretta, infatti seguendo passo passo le curve di maturazione delle uve si riesce a prestabilire in maniera abbastanza precisa la data di raccolta. Tuttavia, se fosse così semplice, saremmo infallibili. Ci sono molte variabili che incidono sulla raccolta, in primis il meteo, e questo, ancora non abbiamo strumenti per manipolarlo. Non credo sia corretto definire sbagliato il momento di raccolta scelto, direi più che si prendono dei rischi, in particolar modo per i rossi. Ad esempio, nei rossi più importanti si tende ad aspettare fino all’ultimo per la raccolta, a volte con leggere sovra maturazioni. Il rischio è che, con il cambio di stagione, le piogge vanifichino lo sforzo di un anno…. È una scommessa contro il tempo.

Una vostra annata storica che ricorda con gioia e che spera si ripeta.

Sono a tutti gli effetti in azienda dal 2012, quindi da relativamente poco, e tra le annate in cui ho seguito personalmente le vinificazioni ricordo particolarmente quella del 2016. Ottima sia per i vini bianchi che per i rossi… una bella vendemmia. In ogni caso ho sempre collaborato in azienda e ricordo bene anche le annate precedenti. Tra tutte, quella che stupisce ancora oggi è il 2008.  Conserviamo ancora gelosamente alcune bottiglie del nostro Cabernet Sauvignon “Jenio” e ogni anno migliora sempre di più…

L’amore per il vino si tramanda di generazione in generazione, si tratta quasi di un rito di passaggio. Allora la invito ad andare indietro nel tempo, mi racconti dove e quando ha incontrato il vino per la prima volta.

I ricordi legati al vino sono molti, ma quelli più vecchi sono legati alla vendemmia. Le due settimane prima di iniziare le elementari avevo la mia forbicina e mi mettevo nella stessa fila del nonno, io raccoglievo nella parte più bassa del filare e lui in quella più alta, oltre ai grappoli che lasciavo indietro. Poi si tornava in cantina e si svuotavano, tutte le casse raccolte, in una vecchia pigiatrice. Mi ostinavo a volerlo fare anch’io, ma riuscivo a malapena a trascinare la cassetta. E infine la ricompensa della giornata, un goccio di mosto di Moscato Fior d’Arancio, profumatissimo e buonissimo.

Quale dei vini che producete le assomiglia per carattere e perché?

Il Ca Nova Bianco è il primo vino che ho “creato” partendo da zero, e forse è quello che mi rappresenta di più. Un vino ottenuto prevalentemente da uve di Manzoni Bianco che fanno una leggera macerazione a freddo prima della vinificazione. È un bianco di carattere intenso, molto minerale e dalla lunga persistenza.

Negli ultimi quattro anni l’Italia si è confermata il primo produttore mondiale di vino. Il grande lavoro da fare è sempre lo stesso, migliorare la qualità e aumentare le vendite. Se potesse fare una richiesta alla Ministra Bellanova cosa le chiederebbe?

Una minore burocrazia aiuterebbe sicuramente, in particolar modo per le realtà di medie dimensioni come la nostra, dove in primo piano vi sono il lavoro in vigna e l’accoglienza in cantina.

Quale dei vostri vini è il più amato e il più venduto?  Me lo racconti, il suo respiro regala un calice… 

Serprino DOC, un prodotto di eccellenza territoriale. Ha un colore giallo paglierino brillante. Aroma fine e delicato con note floreali di acacia e biancospino, fruttate di mela verde. La sua bollicina fine e briosa lo rende un fantastico aperitivo d’estate, magari con il sole che scende e le risate degli amici che salgono… Il suo segreto è forse la facilità di beva, ma questo non vuol dire che sia un vino facile, anzi, richiede infinite cure, sia in vigna che in cantina, per renderlo così accattivante e profumato.

Che colore ha per lei il vino?

Tutti i colori del mondo, perché il vino unisce sempre…

Lei è enologo, la invito allora a fare una previsione, cosa berremo tra dieci anni?

Negli ultimi anni si è parlato molto di vitigni resistenti, trovo che sia un ottimo punto di partenza per avere vini che si adattano alle diverse condizioni climatiche, ma soprattutto che siano in grado di resistere ai patogeni, con una conseguente riduzione dei trattamenti in vigna. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare per ottenere vitigni che mantengano le stesse caratteristiche delle varietà autoctone per non perdere identità e tipicità. Poi per quanto riguarda lo stile dei vini, il bello di questo mondo è che ogni cantina interpreta a proprio modo la visione del vino… Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

Quali sono i progetti futuri per Il Pianzio?

Migliorare l’accoglienza per un enoturismo più consapevole e amante del nostro territorio.

Filed Under: Cin cin! storie di vino

IN LIGURIA GLI OLIVI SONO IN FIORE

11 Giugno 2020 by gabriellapravato Leave a Comment

L’arco fiorito d’Italia, la Liguria, è vestito a festa, i suoi olivi sono in fiore. Piccoli grappoli bianchi, come un ricamo su un velo da sposa, sono di buon augurio per la stagione che sta per arrivare.

“Il fiore dell’olivo non è appariscente. È discreto, quasi fragile. Dopo un’annata di evidente scarico di prodotto, gli alberi sono stati curati e potati. Il tempo della quarantena, in campagna, ha visto comunque persone impiegate nei campi, rispettando le regole”. Queste le parole di Carlo Siffredi, Presidente del Consorzio Olio DOP Riviera Ligure. Che ha poi concluso il suo intervento dicendo, “Difficile poter dire oggi se la fioritura vorrà dire tante olive e se tante olive potranno essere tanto olio. Le Aziende del Consorzio hanno però la capacità di guardare avanti, lo hanno dimostrato anche in questo periodo di emergenza, lavorando nel rispetto delle regole e della sicurezza sugli impianti e sui terreni. Con questa fioritura comincia un nuovo racconto, quello della prossima annata”.

(foto Qualivita)

Filed Under: Un filo d'olio

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Gabriella

È inevitabile che vi racconti un po’ di me, mi chiamo Gabriella Pravato, vivo a Roma e ho una grande passione, il cibo. Il cibo è molte cose insieme... Leggi di più...

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