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La grammatica dei sapori.

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LA VITE VITTIMA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO

6 Marzo 2021 by gabriellapravato Leave a Comment

Il clima sta cambiando, fa sempre più caldo. Sembra una frase fatta, ma dati alla mano non è così. Il nostro “stile di vita”, ogni anno, riversa nell’atmosfera circa 40 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Di conseguenza si prevede che entro il 2040 la temperatura del pianeta sarà aumentata di 1,5 ° celsius rispetto ai livelli preindustriali.

Quali saranno gli effetti sull’agricoltura? Catastrofici! Tutta la regione mediterranea cambierà volto, ma già oggi possiamo dire che la vite è la prima vittima del cambiamento climatico. Nasce così il progetto VISCA, finanziato dall’Unione Europea. Il coordinatore del progetto, Josep Maria Solè Tasias della Meteosim SL, spiega: <<Il sistema VISCA DSS integra modelli climatici e agricoli con dati reali sui vigneti per identificare efficaci strategie di adattamento e include previsioni metereologiche a breve e medio termine nonché previsioni stagionali legate ai modelli agricoli per consentire previsioni della fenologia, il ciclo di crescita stagionale delle viti, dell’irrigazione necessaria e dell’accumulo degli zuccheri>>.

Le previsioni sono in grado di calcolare con largo anticipo, anche di mesi, la probabilità di eventi climatici nefasti come ondate di calore, precipitazioni intense, gelate primaverili.

Già oggi le temperature elevate fanno maturare le uve troppo velocemente e gli aromi non riescono a svilupparsi nella loro totalità. La Francia è la prima a pagarne le conseguenze con le uve Merlot e Sauvignon Blanc della Regione di Bordeaux. I nostri cugini francesi però, sempre lungimiranti, stanno correndo ai ripari testando uve più resistenti e impiantando le viti in zone più fredde.

Filed Under: Notizie dal mondo del cibo

LA CINA E L’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA

3 Marzo 2021 by gabriellapravato Leave a Comment

La Cina è produttrice di olio. Lo produce nel Nord-Ovest del Paese, nella provincia di Gansu. Le varietà di olivo provengono dall’Italia e sono Leccino e Coratina. Anche i macchinari per la produzione sono italiani, come le competenze, che sono state trasmesse ai produttori cinesi dai produttori italiani. Lo produce anche molto bene, tanto che ha vinto anche premi internazionali.

Filed Under: Un filo d'olio

LA ROMA DEI PELLEGRINI

21 Febbraio 2021 by gabriellapravato Leave a Comment

In questi mesi di pandemia Roma è vuota. Non più meta di turismo e di pellegrinaggio religioso, la città sembra riposare e attendere di ritornare ad essere quello che è sempre stata nei secoli dei secoli, ospitale ed accogliente.

Nella notte dei tempi i pellegrini raggiungevano la Città Eterna a piedi. Spesso arrivavano esausti dopo un viaggio lunghissimo, travagliato e anche pericoloso. Tutti erano consci di quello che li attendeva tanto che i più ricchi, prima di mettersi in viaggio, redigevano il loro testamento.

Le visite al Papa, rappresentante di Dio in terra, si intensificavano in occasione degli Anni Santi. La città era inondata di gente, secondo fonti storiche dell’epoca, nel 1450 la popolazione contava 30.000 abitanti, ed ogni giorno era letteralmente occupata da 40.000 pellegrini.

Ma dove alloggiavano? Diciamo che Roma si era organizzata per accoglierli tutti. Basti pensare che nel 1854, Alessandro Ruffini nel suo libro “Notizie storiche intorno alle origini dei nomi di alcune osterie, caffè, alberghi e locande esistenti nella città di Roma” elenca: 712 osterie, 217 caffè, 49 locande, 28 alberghi e 29 trattorie. Le strutture di lusso si trovavano intorno Campo de’ Fiori, quelle più povere vicino a San Pietro.

Tutte, povere e ricche, avevano in comune insegne vistose, soprattutto disegni di animali e santi facilmente riconoscibili ad un pellegrino che spesso non sapeva né leggere né scrivere.

Cosa mangiava il pellegrino? La sua giornata era faticosa in quanto era prevista la visita alle quattro Basiliche con confessione e preghiere e una processione dal Papa per la benedizione. Non è rimasta traccia di un menù “fisso” del pellegrino. Le testimonianze sono tante e sicuramente si cercava di assecondare i gusti di persone che arrivavano dai luoghi più disparati. Il pasto solitamente si apriva con una minestra di legumi e verdure. Il pane non era di buona qualità. Si panificava con tutto: grano, orzo, miglio, castagne, ceci e addirittura ghiande. Al vino, abilmente, veniva aggiunta dell’acqua. L’olio era mal fatto ed era impossibile ritrovare l’amaro e il piccante e qualsiasi profumo. La carne era poca e solo affumicata o salata.

I pellegrini che invece sceglievano di alloggiare nei conventi dei Frati Minimi venivano rifocillati con una “cucina di strettissimo magro”, dalla quale erano banditi carne, uova, formaggio e tutti gli altri latticini.

Quello che ancora si ricorda è il Giubileo del 1950. Il Papa era Pio XII, la guerra era finita.  La città era allegra, i ragazzi romani corteggiavano le pellegrine straniere giovani e belle e le attendevano fuori dalle Basiliche. Poche parole in inglese, le uniche conosciute, e il fascino italiano mieteva le sue vittime. Una passeggiata e poi a Borgo Pio guardando il Cupolone, una pizza e una fetta di torta, la torta del Pellegrino.

Perché anche i cuochi romani avevano fatto di necessità virtù. Poi a notte fonda, prima di tornare in albergo, un ballo, quello nuovo arrivato dal Brasile, trasformato per l’occasione nella Samba del Pellegrino.

Forestiero che venivi

con le scarpe rosse ai piè

vieni a Roma e ti domandi:

Beh! Di nuovo cosa c’è?

Vuoi mangiare? Mangerai!

Vuoi cantare? Canterai!

Se vuoi ballar la samba,

mio caro forestiero,

ti muoverà la gamba

il vino più sincero!

C’è il pranzo romanesco

che ti fa mandare in gloria.

Son piene le vetrine

cambia dollari e sterline

compra almeno un “souvenir”.

TORTA DEL PELLEGRINO

Ricotta di bufala g 300

Panna g 30

Uova g 180

Zucchero semolato g 150

Farina 00 g 100

Lievito chimico g 16

Vaniglia 1 bacca

Semi di papavero g 10

Zucchero g 5

Mandorle in granella g 50

Lavorare a crema la ricotta unendo a filo la panna. Montate i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto gonfio e spumoso. Unite la crema di ricotta. Incorporate prima la farina setacciata con il lievito poi la bacca di vaniglia e i semi di papavero. Montate a neve fermissima gli albumi con 5 g di zucchero. Uniteli al composto mescolando delicatamente per non smontarli. Imburrate e cospargete con metà delle mandorle uno stampo da ciambella. Versatevi il composto e spolveratelo con il resto delle mandorle. Cuocete in un forno statico preriscaldato a 180 °C, 155 °C se il forno è ventilato per 45 minuti in presenza di umidità, mantenendo chiuse valvola o porta di carico del forno.

Filed Under: La cucina lontana

LA TORTA DI MELE DI BRUNELLA

11 Febbraio 2021 by gabriellapravato Leave a Comment

Grande fermento nel bosco incantato, ci si prepara ad una festa. La piccola Orsetta Brunella compie gli anni. Tutti gli animali sono invitati. Mamma Orsa Bianca è chiusa in cucina e attende gli ingredienti.

Le api le hanno appena consegnato il miele. Sotto la direzione di Regina sono volate di fiore in fiore alla ricerca del nettare ronzando senza sosta.

Lo scoiattolo Red sta arrivando con nocciole e mandorle per il croccante. E’ bello sgranocchiare battendo il tempo sui tronchi degli alberi mentre la musica suona a tutto volume.

Papà Orso Marsy trascina, dal mulino vicino al fiume, un pesante sacco di farina. Mancano solo le mele per la torta.

Tutti gli animali scrutano con preoccupazione il buio del bosco. Arriveranno? Chissà!

Ad un tratto si ode in lontananza un rumore di rami spezzati e di qualcuno che corre calpestando le foglie secche. Tutti tacciono e attendono. Finalmente ecco apparire Cinghi e Ale con un sacco di mele rosse.

“Sempre in ritardo” Li ammonisce Orsa Bianca. Finalmente la preparazione della torta di mele per Brunella può avere inizio.

La torta di mele, il dolce più semplice che ci sia. Buona, morbida, avvolgente, senza mai essere pretenziosa. Nessun colore sgargiante, niente panna montata, solo mele, tante mele.  

La torta protagonista di molte favole. La torta facile da preparare con mille ricette tutte diverse, perché ogni famiglia ha la sua, ovviamente “l’unica”, “la più buona”.

Questa mia rifiuta il burro e chiede l’olio, il Caninese, l’olio del Lazio.

Deciso, profumato, intrigante, capace di nobilitare le mele, buone sì, ma con poca personalità.

Ingredienti

Mele g 350

Marsala g 500

Uova g 60

Zucchero g 75

Vaniglia 1 bacca

Olio extravergine di oliva monocultivar Caninese g 40

Farina W 200-220 g 175

Lievito g 5

Latte qualche cucchiaio

Limone 1 buccia grattugiata

Zucchero a velo 1 cucchiaino

Lavate, asciugate e sbucciate le mele, parte a fettine per ricoprire la torta e parte a cubetti. Per ottenere g 350 di polpa saranno necessarie circa g 800 di mele. Bagnatele con il Marsala e lasciatele riposare in frigorifero per 2 ore.

Montate le uova con lo zucchero fino a quando il composto non sarà leggero e spumoso. Aggiungete la vaniglia. Setacciate insieme il lievito e la farina. Unitela al composto continuando a montare alternandola con l’olio. Scolate le mele tagliate a cubetti e unitele alla massa montata. Se necessario aggiungete qualche cucchiaio di latte per rendere più morbido il composto.

Ponetelo in una tortiera imburrata e infarinata. Ricoprite con le fettine di mela, spolverate con lo zucchero a velo che avrete unito alla buccia grattugiata del limone.

Cuocete in forno statico preriscaldato a 185 °C, in forno ventilato a 160 °C, in assenza di umidità, quindi a valvola aperta o con il portello di carico aperto di 10 centimetri, per circa 40 minuti.

Filed Under: Dolci

IL MARITOZZO, ROMA E I SUOI ABITANTI SEGRETI

3 Febbraio 2021 by gabriellapravato Leave a Comment

A Roma, il maritozzo è il nuovo giorno che si affaccia. Scuro come l’umore di alcuni risvegli, ma pronto ad accogliere una nuvola di panna montata che lo rasserena e lo fa esplodere in una allegra risata. Scuro come le notti romane senza luna, bianco come gli spiriti e i fantasmi che popolano la città.

 Allora oggi tra uno sbuffo di panna e un soffio di zucchero vi racconto gli abitanti segreti di Roma.

La Città Eterna è magica si sa! Ma non lo è solo perché è splendida e perché aiuta gli innamorati a “dì de sì”, ma lo è per i suoi riti magici e per il suo continuo e stretto rapporto con il mondo dell’Aldilà.

A Roma dimorano angeli, demoni, fantasmi, mazzamurelli, folletti e streghe. Possono divenire fantasmi solo i morti senza pace, vale a dire coloro che si sono suicidati o sono stati assassinati. Sono anime in pena che si mostrano ai viventi nella speranza che questi, per lo spavento, preghino aiutandoli a trovare pace. I fantasmi però non si mostrano a tutti, evitano accuratamente i poveri di spirito e gli sciocchi preferendo le persone dall’animo sensibile e caritatevole.

A Roma sono tanti, ma la più affascinante è Donna Olimpia, o meglio Pimpaccia, cognata di papa Innocenzo X. Bellissima e volitiva fu in gioventù la regina di Roma, ma poi, come spesso succede, cadde in disgrazia andando a finire i suoi giorni a San Martino di Viterbo, lasciando due milioni di scudi d’oro sottratti al Papa moribondo. Pare che ogni notte salga su un cocchio nero attraversando Ponte Sisto a gran velocità per andare a fare il bagno nel Tevere accanto ad un suo giardino di Trastevere a Santa Maria in Cappella. Guai a spiarla, pare si finisca inspiegabilmente a bagno nel Tevere.

Al Muro Torto pullulano i fantasmi delle cortigiane impenitenti. E’ lì che furono sepolte, durante il periodo della Roma Pontificia, in terra non consacrata, tutte quelle che, smessa la professione per sopraggiunti limiti di età, rifiutarono di entrare in convento.

A Ponte Sant’Angelo, dove per anni lavorarono alacremente i boia, tra i quali Mastro Titta, di notte è tutto un apparire. La presenza più assidua pare sia quella di Beatrice Cenci, ovviamente con il capo in mano.  

Si racconta poi che il fantasma di Nerone abbia vagato per secoli per piazza del Popolo dove c’era anche un noce sul quale amavano nidificare due corvi neri. Per il popolo il collegamento tra Nerone, i corvi e il diavolo era stato immediato e allora Papa Pasquale II, per portare un po’ di santità, fece costruire una cappella che con il tempo divenne la Chiesa di Santa Maria del Popolo.

Per chi preferisce delle presenze meno inquietanti ecco apparire i Mazzamurelli, gli allegri folletti che nascondono gli oggetti nelle case e nelle macchine. A Trastevere è stato dedicato loro un vicolo, ma i dispettosi non operano solo “al di là del Tevere”, si spostano per tutta la città.

E poi le streghe, quelle non mancano mai! A Roma si palesano la notte di San Giovanni. Per chi non le volesse in casa, perché a volte cercano di entrare, basta mettere fuori della porta un barattolo di sale grosso e una scopa. Le bizzarre signore, per poter varcare la soglia, prima che battano i dodici colpi della mezzanotte, dovranno contare tutti i fili della scopa e tutti i granelli di sale. Però, per sicurezza, c’è chi consiglia l’infallibile testa d’aglio.

Queste sono solo alcune delle allegre presenze di Roma, dico allegre perché la Città Eterna le ama e perché, abituata da secoli “a vederne e a sentirne”, nulla più la sgomenta e affronta ogni accadimento con ironico distacco. Insomma, Roma resiste, come resistono i suoi maritozzi, basta cercarli per poi affondare in un mare di panna.

Ingredienti

Biga

Farina 00 W 320-340  g 60

Lievito di birra secco g 10

Acqua g 35

Impasto

Farina 00 W 320-340 g 225

Tuorlo g 75

Zucchero g 40

Miele d’arancio g 10

Latte g 30

Sale g 3

Limone buccia grattugiata 1

Vaniglia 1 bacca

Burro g 100

Olio extravergine di oliva Leccino g 10

Sciroppo

Acqua g 125

Zucchero g 50

Farcitura

Panna fresca liquida ml 250

Zucchero a velo g 25

Preparazione della biga

Sciogliete il lievito in acqua tiepida a 35 °C. Con l’aiuto di una frusta unite la farina setacciata. Coprite con la pellicola e lasciate lievitare in un luogo tiepido fino a quando avrà triplicato il volume.

Preparazione dell’impasto

Impastate la farina con il tuorlo. Unite lo zucchero, il miele e il latte. Quando l’impasto sarà liscio ed elastico aggiungete il sale sciolto in un cucchiaino d’acqua. Unite la buccia grattugiata del limone e la vaniglia. Riprendete ad impastare, se il composto dovesse essere troppo duro unite qualche cucchiaio di latte.

Incorporate la biga e fatela assorbire continuando ad impastare.

Unite il burro morbido e l’olio. Riprendete ad impastare fino a quando il composto sarà nuovamente lucido ed elastico.

Mettetelo a lievitare in un luogo tiepido fino a quando avrà triplicato il volume.

Riprendete la pasta e dividetela in palline allungate di g 80. Disponetele su una teglia rivestita di carta da forno e mettetele a lievitare fino a quando avranno triplicato il volume.

Inumidite i maritozzi ottenuti, con lo sciroppo. Cuoceteli nel forno preriscaldato a 190 °C se statico, a 165 °C se ventilato per 20 minuti mantenendo la valvola o il portello di carico chiusi.

Sfornateli, lasciateli raffreddare su una gratella. Tagliateli a metà e farciteli con la panna montata.

Preparazione dello sciroppo

Scaldate l’acqua a 60 °C. Unite lo zucchero e mescolate con l’aiuto di una frusta. Lasciate raffreddare.

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Gabriella

È inevitabile che vi racconti un po’ di me, mi chiamo Gabriella Pravato, vivo a Roma e ho una grande passione, il cibo. Il cibo è molte cose insieme... Leggi di più...

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